Cari lettori, ben ritrovati per fare il punto della situazione sui mercati marittimi. Come vuole la consuetudine di questo annuale giro di boa è tempo di bilanci e previsioni, esercizi potenzialmente utili per mettere a fuoco un panorama particolare che risulta spesso, per non dire sempre, strettamente legato all’economia globale in generale. Prima di cominciare è doveroso ricordare che il mondo marittimo è a sua volta suddiviso in vari settori, a seconda del tipo di merce trasportata, che si muovono in modo autonomo tra loro e spesso addirittura in direzioni opposte. Oggi ci occuperemo prevalentemente dei principali mercati: carico secco (Drybulk), liquido (Tankers) e contenitori (Containers).
Cominciamo quindi dalle porta rinfuse ovvero il trasporto della maggioranza assoluta di materie prime, principalmente minerali, carbone e cereali. L’indice di riferimento di questo mercato è il Baltic Dry Index (BDI), un qualcosa che abbiamo citato insieme diverse volte durante l’anno, ma in particolare i primi di marzo avevamo sottolineato la sua importante correlazione con il volume di scambi globale e di conseguenza con la crescita economica in generale. Fatta questa necessaria premessa dubito che qualcuno si stupirà nell’apprendere che per questo settore è stato un anno decisamente difficile. Per essere più precisi per trovare condizioni simili dobbiamo ritornare al 2016, ovvero il peggior anno del carico secco degli ultimi 20 anni, anche se per ragioni decisamente diverse. Tra le cause dell’epoca c’era in particolare la resa dei conti di una questione aperta fin dalla fine del decennio precedente, ovvero un’esuberante crescita dell’offerta. Tradotto? Un eccesso, per non dire bolla, di nuove costruzioni che inflazionavano la disponibilità di navi. Indipendentemente da questo elemento oggi meno attuale, la crisi di quell’anno aveva anche un comune denominatore con quello da poco concluso: un crollo degli scambi. Il declino di questi ultimi nel 2020 è stato decisamente più marcato, ma il BDI è riuscito a limitare i danni grazie alla sua pericolosa, tanto quanto salvifica, dipendenza dalla Cina.
Guardando più dettagliatamente la sua dinamica degli ultimi 12 mesi vediamo una disastrosa prima metà dell’anno, inizialmente a causa dell’impatto di nuove norme “green” e poi i primi lockdown, in particolare quello della nevralgica Cina per l’appunto. Infatti, per quanto forse sospetto, non è certo un mistero che il Dragone sia uscito dalla crisi pandemica da 6 mesi e da quel momento il carico secco ha vissuto una moderata ripresa.
Cosa possiamo aspettarci per questo settore nell’anno che verrà? Fare previsioni è particolarmente difficile, visto il quadro a dir poco complicato di questo inedito contesto. La narrativa globalista che vorrebbe liquidare tutto il malessere economico come semplice effetto della guerra commerciale tra Usa e Cina sicuramente sarà carica di ottimismo, grazie alla presunta imminente investitura di Biden. In effetti l’allentamento dei dazi potrebbe dare ulteriore ossigeno all’economia del gigante asiatico che risulta assolutamente centrale nelle dinamiche del carico secco. L’arrivo dei vaccini e l’interventismo delle banche centrali, quest’ultimo ormai senza freni, sono altri fattori che fanno sperare i più ottimisti in un nuovo anno migliore del precedente. Per i superstiziosi, l’anno che viene è l’anno del cosiddetto “Bue Bianco” secondo il calendario cinese, che capita una volta ogni 60 anni (l’ultimo infatti è stato il 1961), e viene ritenuto fortemente proficuo alla crescita e alla consolidazione. Per quelli più scettici invece, preferisco rimandare il discorso alle conclusioni finali dell’articolo.
Adesso uno sguardo al mercato liquido, quello delle petroliere in particolare e dell’energia in generale. Il mercato delle cisterne ha visto una robusta media dei noli nel 2020, per un breve tratto addirittura con guadagni da record. Curiosamente questo andamento è stato non solo in controtendenza con il carico secco, bensì sopratutto lo stesso prezzo del barile. Questi fatti non sono stati delle semplici coincidenze, ma frutto di correlazioni tecniche che avevamo già approfondito insieme prima dell’estate. In sintesi, l’impatto delle precedentemente citate norme “green” introdotte a gennaio ironicamente avevano favorito proprio il traffico di prodotti petroliferi. Successivamente il drammatico crollo record del WTI, addirittura in territorio negativo per la prima volta della storia, a causa di una guerra dei prezzi scatenata dai Sauditi proprio mente esplodeva la pandemia in primavera, aveva regalato nell’immediato guadagni da record alle navi cisterne.
Sfortunatamente non solo gli effetti positivi di queste due circostanze sono svaniti con l’arrivo dell’estate, ma si è presentato un conto decisamente salato da pagare nell’intera seconda metà dell’anno. Le politiche restrittive dei lockdown, un turismo globale in ginocchio e lo stesso normale traffico di passeggeri ridotto all’osso hanno infatti inevitabilmente affondato i consumi. La stessa ripresa del barile, ormai ritornato in area pre-pandemica vicino ai 50 dollari, in realtà è solo il risultato di tagli di produzione messi in campo dall’Opec e dagli altri Paesi produttori, con la conseguente riduzione drastica di domanda delle tankers.
L’industria dello “shale oil” americano, che già faceva i conti con bancarotte e debiti fuori controllo prima dello scoppio della pandemia, è stata e continua a essere massacrata. Per dare una misura dell’attuale crisi del settore petrolifero basterebbe ricordare che la prima oil company del mondo, l’americana ExxonMobil, è recentemente uscita dal prestigioso indice Dow Jones Americano dopo una presenza secolare. La stessa che nel 2011 era la prima compagnia al mondo per capitalizzazione!
Cosa possiamo aspettarci quindi per il mercato delle cisterne nell’anno che verrà? Le aspettative di una ripresa dei consumi e quindi dei traffici marittimi è già spostata alla prossima primavera, un paradosso considerando che la stagionalità da sempre vede nell’inverno il momento più propizio per il consumo energetico. Se Biden effettivamente riuscirà a insediarsi come sembra e il ballottaggio sul Senato della Georgia a gennaio dovesse consegnare anche la camera alta ai Democratici, le prospettive potrebbero peggiorare ulteriormente, vista la loro propensione per le restrizioni Covid e la loro fissazione con la Green Economy.
Infine, una nota a parte per quella che forse si è rivelata la più grande sorpresa dell’anno 2020, l’inversione a U del mercato contenitori. Lo scorso febbraio vi avevamo raccontato della grave crisi di questo settore nel pieno dell’esplosione Covid in Cina e delle gravi conseguenze del loro lockdown sulla catena di fornitura che aveva colpito in particolare proprio questo settore. Tuttavia con lo spostarsi della pandemia da Oriente a Occidente di colpo questo mercato si è da prima ripreso per poi addirittura esplodere. Perché? La ragione sembrerebbe risiedere in due circostanze che personalmente ritengo piuttosto bizzarre, molto attuali e decisamente preoccupanti.
L’aspetto bizzarro è la misteriosa scomparsa del Covid in Cina e più in generale in Asia, guardando altri Paesi popolosi come Giappone e Corea del Sud. Efficenza asiatica o miracolo che sia, personalmente, guardando le cifre della loro pandemia, lo ritengo uno dei più curiosi misteri dell’anno che ci stiamo per lasciare alle spalle, ma almeno ha sbloccato la principale zona di fabbricazione del mondo. Altrettanto grottesco è stato l’effetto dei lockdown occidentali uniti agli stimoli governativi offerti per fronteggiare l’emergenza, sopratutto negli Usa. Ovvero un boom di consumi per alcuni determinati prodotti a uso domestico. In realtà molto attuale questo secondo risvolto della pandemia, visto l’andazzo che abbiamo visto in materia di restrizioni in Occidente negli ultimi mesi dell’anno. Di grande attualità è anche un’altra diretta conseguenza: l’autentica esplosione dell’e-commerce, successo di Amazon docet.
Eccovi riassunti gli ingredienti della grande inversione di tendenza sul mercato containers. Questo fornisce una spiegazione per l’apparente rinvigorita corsa dell’economia cinese in parallelo al rimbalzo di quella americana. Infatti ricordiamo che se il Pil della prima si fonda principalmente sull’export, quello della seconda lo fa sui consumi. Per quello che riguarda l’anno in arrivo possiamo affermare che il mercato delle containers è decisamente quello più promettente, almeno per quanto riguarda i primi mesi. In aggiunta, dopo aver già elencato le pregogative di una possibile nuova amministrazione Democratica, per questo mercato la conferma di un’elezione di Biden in teoria sarebbe la classica ciliegia sulla torta.
E ora è arrivato il momento di tirare le conclusioni. Complessivamente il 2020 è stato sicuramente difficile, ma non sarà certo ricordato come uno dei peggiori in termini di risultati se ci si sofferma sulle medie di guadagno. L’eredità più gravosa che ci lascia è senza dubbio l’incertezza per quello che verrà. Ammesso che lo shipping e di riflesso l’economia globale necessitassero conferme, la centralità della Cina sull’andamento dei traffici e della crescita sono emersi con prepotenza. Il drybulk e i containers si sono praticamente fermati quando questa ha chiuso i battenti, perché la seconda potenza economica del mondo è senza dubbio il cuore della catena di produzione. La buona notizia è che francamente qualcosa mi dice che il capitolo pandemia per loro e il resto dell’Asia sia stato lasciato alle spalle, un qualcosa che forse dovrebbe far riflettere l’altra metà del mondo.
Quindi per lo shipping sarà un 2021 positivo? Vorrei tanto schierarmi con gli ottimisti. Purtroppo, al contrario di quella che temo sia la maggioranza delle persone, non mi limito a seguire solo i numeri di ricoveri, terapie intensive e morti. Fortunatamente sempre più contenuti e comunque esigui in termini percentuali. Per valutare l’effettiva gravità della situazione e le prospettive del mio settore sono portato a tenermi sempre informato sui dati economici. Sotto questo profilo i numeri della pandemia sono veramente gravi, sia in termini assoluti che percentuali, questo ovviamente per chi ritiene che la matematica non sia diventata una materia profana per la scienza o da roba per “pretestuosi negazionisti”. Per questa ragione rimango scettico sugli effetti benefici di un Presidente come Joe Biden alla Casa Bianca, un qualcosa che rischia di prolungare questa dannosa emergenza nelle sue discutibili contromisure.
La scorsa primavera fu la Cina a contagiare lo shipping e il resto del mondo, ma non escluderei che nel 2021 fosse lei stessa a essere contagiata dalle serie conseguenze della dannosa risposta occidentale all’emergenza Covid.