Lo scontro tra Conte e Renzi prosegue e il leader di Italia Viva, come ci spiega Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, dopo aver puntato molto sul Recovery plan ha deciso di giocare una carta che può essere decisiva: quella della politica estera. «Non si possono infatti non notare le dichiarazioni molto nette di Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Esteri, in un’intervista al Corriere della Sera a commento dell’accordo appena raggiunto tra Ue e Cina».
Perché sono così importanti le parole dell’esponente di Italia Viva?
Per due motivi. Il primo è che evidenzia che l’annuncio dell’accordo non è stato dato solo dalle istituzioni europee (come richiesto dall’Italia), compresa la Merkel in qualità di Presidente di turno dell’Ue, ma anche da Macron. Secondo Scalfarotto, questa sconfitta del nostro Paese si deve allo “sciagurato accordo sulla Via della Seta” e ne attribuisce la paternità non solo a Di Maio, suo diretto ministro, ma anche a Conte in qualità di Premier del precedente Governo. Dal suo punto di vista, avendo l’Europa una linea non così permissiva con la Cina, la presenza italiana nella trattativa avrebbe indebolito l’Ue. Lancia quindi un’accusa precisa a Di Maio e a Conte sul piano della politica internazionale italiana. La seconda ragione, risiede in un passaggio dell’intervista che indica una linea di politica estera molto astuta.
A che cosa si riferisce?
Scalfarotto dice che sarebbe stato meglio aspettare l’insediamento effettivo di Biden prima di chiudere l’accordo. Quindi Italia Viva non sta cercando solo di mettere in cattiva luce i 5 Stelle, dicendo che il nostro ministro degli Esteri è inviso all’Europa – il che è rilevante in tutto il discorso sul Recovery plan avviato da Renzi -, ma anche di ricordare l’importante e storico rapporto dell’Italia con gli Stati Uniti. Non si tratta di un “rimbrotto” all’Europa, ma di un richiamo a una relazione di Roma con Washington che è importante sia dal punto di vista commerciale, che geostrategico vista anche la guerra degli idrocarburi in atto nel Mediterraneo dove la Francia si muove a nostro danno.
La scelta di giocare la carta della politica estera da parte di Renzi può funzionare?
Renzi mira ad abbattere Conte e sta cercando di screditare il rapporto della sinistra con i 5 Stelle in modo da dire che è un’alleanza impossibile perché ci rende irrilevanti in Europa, o addirittura ci causa danni dal punto di vista delle risorse del Recovery fund, e ci crea grossi problemi con gli Usa.
Cerca quindi anche di togliere quello che è stato fin dall’inizio uno dei collanti principali dell’attuale maggioranza, quello di essere ben vista dall’Europa?
Esatto. Inoltre, questa strategia è importante per ricordare che l’Italia può essere meno anti-europea e anti-americana di quanto non lo sia la Francia.
Quale può essere a questo punto lo sbocco dello scontro tra Renzi e Conte?
Il problema di Renzi è che non si capisce quanto il suo azzardo, se portato fino in fondo, può premiarlo. Se si torna al voto rischia di sparire e perciò tutto è condizionato dalla possibilità che si possa creare un nuovo Governo in cui Italia Viva diventa più rilevante di adesso, senza più M5s, con un Pd ridimensionato e la presenza del centrodestra. Che questo esecutivo nasca non è però semplice, perché presuppone la presenza di Draghi o di una personalità simile e non potrebbe essere di “unità nazionale”, visto che il centrodestra non sarebbe intenzionato a parteciparvi. Tra l’altro nell’opposizione c’è Fratelli d’Italia che scalpita per andare al voto e incassare, anche perché secondo me ha raggiunto l’apice dei consensi, mentre a Lega e Forza Italia un Governo Draghi farebbe gioco. Per tornare alla sua domanda, io credo che molto dipenderà dalle scelte di Mattarella e del Pd.
Da che punto di vista?
Una crisi di governo al buio in un momento in cui c’è anche tutto il piano di vaccinazioni da far partire creerebbe un problema. Per questo bisognerà capire quali sono le intenzioni del capo dello Stato. Di certo prima o poi la spina va staccata, questo esecutivo non può arrivare in maniera decente al semestre bianco, perché non non è adatto, non solo ideologicamente, ma anche qualitativamente, a utilizzare le risorse del Recovery fund, a gestire i grandi processi economici come la trasformazione dell’Ilva, a traghettarci nel futuro dello sviluppo economico, e che potrebbe non essere in piena sintonia con l’Amministrazione Biden. Il Pd ha in mano il cerino, deve capire se gli conviene logorarsi continuando a stare coi 5 Stelle oppure scrollarseli di dosso.
(Lorenzo Torrisi)