Il presidente francese Emmanuel Macron ha reso noto all’opinione pubblica che la portaerei di nuova generazione denominata Pang (Portes-Avion de Nouvelle Génération) sarà a propulsione nucleare. Questa nuova portaerei servirà in primo luogo a sostituire l’attuale portaerei a propulsione nucleare Charles de Gaulle e a salvaguardare in questo modo sia la proiezione di potenza della Francia a livello marittimo che la sua autonomia strategica.
Le industrie francesi coinvolte saranno: Naval Group, Thales, Mbda, Dassault Aviation, Chantiers de l’Atlantique e TechnicAtome. Al ministero della Difesa si parla di un progetto che mobiliterà circa 2.000 posti di lavoro a tempo pieno per tutta la durata del progetto, tra cui 400 persone a Saint-Nazaire per la costruzione dello scafo a Les Chantiers de l’Atlantique e 1.400 persone a Naval Group e TechnicAtome. Il costo complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai 6 miliardi di euro.
Il rafforzamento della potenza marittima francese consentirà su medio termine alla Francia di consolidare e certamente ampliare la sua credibilità di deterrenza militare sia nel Mediterraneo orientale che nel Golfo Arabico che in quello Persico.
Sotto il profilo industriale questo progetto costituirà una commessa di grandissima rilevanza per l’industria francese, mentre sotto il profilo della sicurezza energetica la Francia conferma la centralità dell’energia nucleare sia sotto il profilo civile che sotto il profilo militare (con buona pace delle utopie ambientaliste di ieri e di oggi).
Partiamo da una premessa che dovrebbe essere del tutto ovvia sotto il profilo strategico. Qualsiasi strategia marittima, sia quella inglese – dal Settecento alla seconda guerra mondiale – sia quella americana, è necessariamente una strategia di lungo periodo e quindi richiede investimenti a lungo termine, cercando là dove è possibile di anticipare le sfide future.
Se la Francia – per non parlare poi degli Usa – ha deciso di investire cospicue risorse nel contesto della proiezione di potenza marittima questo dipende dalla necessità di consolidare la propria potenza navale, consolidamento possibile sia grazie al potere economico e finanziario di cui dispone almeno fino ad oggi, sia grazie all’innovazione tecnologica conseguita nel settore nucleare che la Francia ha sviluppato in modo autonomo grazie alla lungimiranza politica di De Gaulle, a differenze delle scelte compiute dall’Italia, che hanno minato la sovranità del nostro paese a partire dal 1943.
Naturalmente investimenti così cospicui sul fronte delle portaerei non sono certamente casuali poiché queste svolgono un ruolo fondamentale di deterrenza tradizionale – sia nel senso di essere in grado di minacciare un intervento armato in caso di crisi – sia di deterrenza nucleare dal momento che gli aerei che partono dalle portaerei – essendo dotati di armi nucleari seppure a basso potenziale – svolgono un ruolo di deterrenza di grande rilevanza. Insomma la portaerei consente l’uso di una dissuasione graduale o flessibile.
L’incipit della politica nucleare francese fu dato da due uomini politici di sinistra: Pierre Mendès-France, nel 1954 e il socialista Guy Mollet, nel 1956. Quali le motivazioni politiche che indussero i due leader politici a sottolineare l’importanza di una deterrenza nucleare francese autonoma? Da un lato il riarmo tedesco, nei cui confronti i francesi erano ostili, e in secondo luogo la necessità di ricoprire un ruolo rilevante nel contesto della politica internazionale limitando e contenendo insieme l’ombrello nucleare americano.
Quando nel 1958 salì al potere, de Gaulle non solo legittimò le scelte politiche dei suoi predecessori, ma fece diventare la costruzione di una deterrenza nucleare francese una priorità nazionale, che fu possibile anche grazie alla riforma presidenzialistica. La deterrenza nucleare divenne così uno strumento di grande importanza sia per salvaguardare la sovranità francese sia per ridefinire la struttura bipolare del mondo della guerra fredda. Proprio il consolidamento della potenza nucleare francese costituì – e costituisce – uno strumento formidabile in mano alla diplomazia e alla classe politica francese da de Gaulle fino a Macron, per agire in maniera autonoma rispetto all’egemonia globale americana.