“Il governo non ha più credibilità, mille segnali lo confermano. A questo punto il Presidente della Repubblica deve avere il coraggio di prendersi la responsabilità, per la salvaguardia del paese, di costituire un punto di governabilità che sia credibile per il popolo e credibile per la comunità europea. E i partiti devono fare un passo indietro per far nascere un governo di passaggio, con esperti, che gestisca la doppia emergenza nazionale”. E’ l’appello che Antonio Intiglietta, presidente di Ge.Fi, lancia al Capo dello Stato e al sistema politico italiano, di fronte alla situazione – economica e sanitaria – che sembra fuori controllo. E siccome il ritorno alla normalità è la condizione necessaria per tentare una ripresa economica sempre più difficile da centrare, “il Parlamento – aggiunge Intiglietta – deve assumersi la responsabilità di varare una legge che renda obbligatorio il vaccino: cosa vuol dire libertà rispetto alla sicurezza di tutta la comunità? Si è liberi nel momento in cui uno fa del male agli altri, addirittura rischiando di farlo morire, come sta accadendo?”.
Perché questi appelli al Capo dello Stato, al governo e a tutte le forze politiche?
Ho come la sensazione che giriamo intorno a un’astrazione francamente insopportabile, che dura ormai da un anno. Vanno bene i richiami alla corresponsabilità e alla solidarietà, ma è necessario che ciascuno giochi, visibilmente, la sua parte. E’ il momento in cui ciascuno deve compromettersi con la realtà, a qualunque livello. Una responsabilità senza compromissione è un richiamo etico tanto suggestivo quanto inefficace. Anzi, sarebbe interessante su questi temi aprire un dibattito vero, serio: cosa vuol dire responsabilità? Cosa vuol dire libertà di non vaccinarsi?
Poi torniamo sui vaccini. Perché un appello proprio adesso?
Siamo davanti a un anno in cui tutti, pur vedendo da lontano la luce, dovremo comunque convivere con un periodo lungo di transizione, in cui l’incertezza la farà ancora da padrona. Tutti richiamano giustamente la necessità di una responsabilità e davanti a un mondo che sta per riprendersi nulla oggi è più autentico di questa parola. Responsabilità e solidarietà sono state più volte autorevolmente richiamate proprio dal Presidente della Repubblica. Ma non esiste responsabilità senza compromissione e corresponsabilità.
Vedo che ritorna alla parola compromissione. Cosa intende?
Significa mettere le mani in pasta, accettare il margine di rischio dentro l’evoluzione di una situazione così imprevedibile. Vale per ogni imprenditore, vale per ogni tentativo di costruire qualcosa di buono per sé e per il bene comune e vale per chiunque abbia una responsabilità. Perciò anche le istituzioni, fino al loro massimo livello, devono assumersi le responsabilità secondo le proprie capacità di compromissione e di rischio.
Dove vuole arrivare?
Bisogna prendere atto che la situazione è sfuggita di mano e il paese ha bisogno di un periodo in cui la governabilità venga affidata a soggetti terzi che non rappresentano la maggioranza politica né l’opposizione che abbiamo oggi.
Cosa potrebbe o dovrebbe fare il Capo dello Stato?
Il Presidente della Repubblica non può più limitarsi a fare solo richiami astratti. Non si può chiedere continuamente responsabilità al paese senza assumersi le proprie. Così il richiamo rischia di essere privo di autorevolezza, di cadere nel vuoto.
Intanto si discute di un possibile rilancio del governo Conte…
Siamo davanti a un governo che non è stato votato dai cittadini, un governo che non si è dimostrato finora capace di affrontare l’urgenza e la gravità dell’emergenza che stiamo vivendo. E’ giunto il momento di costituire un punto di governabilità che sia credibile per il popolo e credibile per la comunità europea che ci finanzierà la ripresa. C’è bisogno – lo ripeto – di una compromissione, non si può continuare a chiedere al popolo di perdere del proprio per il bene di tutti e nel contempo rimanere fuori dalle parti. Questo genera forte disagio in tante persone. Dobbiamo uscire da formalismi e politically correct. Questo governo non ha più la credibilità del paese.
Perché?
Mille segnali lo confermano. Basti pensare all’incapacità con cui ha affrontato l’emergenza Covid e quella economica, la confusione con cui continua a gestirla e l’imprecisione con cui attua questa incertezza, lasciando permanentemente nell’improbabile ogni mossa, peraltro ributtata addosso a persone, famiglie e imprese.
A cosa allude?
Cosa è successo in questi mesi? Un continuo apri e chiudi, riapri e richiudi. E’ la schizofrenia palese di un soggetto che non ha in mano la situazione e che non ha alcuna affidabilità.
Questa presa d’atto cosa imporrebbe?
Ai partiti di fare un passo indietro per dare vita a un esecutivo di passaggio, formato da esperti, che governi questa doppia emergenza nazionale e ci introduca a un piano adeguato, che rispetti le linee guide dell’Unione europea, per il rilancio e la ripresa, secondo i parametri di “debito buono” e non di “debito cattivo” sapientemente illustrati da Mario Draghi all’ultimo Meeting di Rimini. Parametri che devono segnare le condizioni e le coordinate essenziali attorno a cui quel piano va pensato e realizzato.
Insomma, lei chiede un passo indietro ai partiti e una sorta di governo di unità nazionale guidato da una personalità autorevole per gestire l’emergenza sanitaria, con la campagna vaccinale, e l’emergenza economica, predisponendo un piano serio con cui chiedere alla Ue i fondi del Next generation Eu?
Esattamente. Inoltre è giusto chiedere alla classe politica di darsi criteri, norme e regole per potersi poi presentare tra un anno, all’interno di un contesto più adeguato, davanti al paese per un confronto elettorale in cui sarà il popolo a ridecidere chi dovrà governarlo. Bisogna al più presto liberarsi di questa finzione demenziale con cui il ricatto dell’emergenza mette il paese fuori da ogni logica di regola democratica di rappresentanza. Questo governo, non essendo autorevole, diventa autoritario. Non avendo rappresentanza, l’autorevolezza è l’unica condizione che lo può legittimare, ma l’autorevolezza l’ha palesemente persa.
Non sarebbe allora meglio tornare al voto quanto prima?
Non lo si può certo fare oggi, in queste condizioni. Ecco perché faccio appello al Presidente della Repubblica. Il suo discorso di fine anno è quanto vero nel contenuto, tanto più precario nel suo compimento istituzionale. Non basta richiamare i princìpi, bisogna viverli, compierli, altrimenti perdono credibilità. La dicotomia è sempre più insopportabile: non si può più caricare sulle spalle della gente le responsabilità legate all’incapacità di chi ci governa. E’ quello che sta succedendo nel paese, un paese che ha sempre più bisogno di un ritorno alla normalità.
La campagna vaccinale appena partita può essere un passaggio importante verso questa normalità?
Certamente. Ma qui sorge subito un problema.
Quale?
Per quale motivo è diventato un tabù dire che è obbligatorio fare un vaccino quando questo è per il bene di tutta la comunità? Le società sono state salvate da pandemie tragiche proprio grazie ai vaccini. Ora, si vuole forse introdurre un principio di scetticismo nei confronti delle autorità che approvano questi vaccini? Ma se riconosciamo che ci sono punti autorevoli che prima di mettere in distribuzione i vaccini concedono le autorizzazioni necessarie e se questo è un bene per tutti, perché non renderlo obbligatorio? E’ in gioco il concetto di libertà: la libertà è poter far male agli altri? No, la libertà è la capacità di compiersi dentro una società, non è la scelta o meno di fare del male a se stessi e agli altri. Io sono favorevole all’obbligatorietà del vaccino.
L’obbligatorietà, però, richiede un intervento del Parlamento.
Vero, e qui torniamo al tema della responsabilità. Si scarica sugli altri – sulle imprese, sui sistemi socio-sanitari, sulla società – una decisione di responsabilità che chi ha l’autorità per farlo non è capace di assumere. Non si capisce perché non si riesca a promulgare una legge che renda obbligatorio il vaccino mentre in tutti questi mesi, reiterate volte, sono stati varati decreti che tolgono libertà fondamentali ai cittadini, Dove sta la coerenza?
C’è chi ha paura dei vaccini perché non ne conosce gli effetti.
Allora delle due l’una: o le autorità che concedono l’approvazione sono credibili, e non capisco perché non dovrebbero esserlo visto che le persone non hanno alcun timore ad assumere i farmaci, oppure bisogna assumersi la responsabilità di vaccinare tutti per il bene di tutti. E’ un dibattito che non si affronta fino in fondo, perché la classe politica dirigente di questo paese non ha più alcuna credibilità e rimanda ulteriormente una responsabilità, una compromissione e una correzione.
In che senso correzione?
Correggere non vuol dire imputare all’altro gli errori, ma aiutarsi a reggersi tutti insieme per raggiungere lo scopo comune. E’ un richiamo che tutti devono prendere sul serio, a tutti i livelli: per essere credibile chiunque deve compromettersi con la propria responsabilità, mettersi dentro la realtà e rischiare, disponibile a farsi correggere, con quel senso di umiltà che caratterizza chi tenta una strada, eventualmente la sbaglia ma si lascia correggere dall’evidenza dei fatti. Senza questa dinamica il rapporto tra società, cittadini, corpi intermedi e istituzioni diventa sempre più lontano e astratto. Oggi abbiamo bisogno di esempi, di una rete di soggetti che corresponsabilmente rischiano e si correggono, non abbiamo bisogno di chi fa solo prediche. E’ il disagio, credo, che molta parte della società imprenditoriale ha nei confronti di chi la governa.
A proposito di economia, lo scenario per le imprese si fa di giorno in giorno più drammatico. Quanto potranno resistere ancora? E di che cosa hanno urgente bisogno?
Quanto potranno resistere dipende da quando si potrà tornare a una normalità. Ecco perché la campagna vaccinale è fondamentale. C’è bisogno di una grande rottura, di una ripresa di affidabilità e di credibilità che intervenga su due perni: investimenti per la ripresa della normalità – si continua a dire che si faranno a favore del sistema socio-sanitario, della mobilità e della sicurezza, ma è già passato un anno e non si vedono – e investimenti per il credito a lungo termine, dando alle imprese il tempo di ripagarli, ritrovando l’ossigeno necessario per traguardare questa emergenza. Invece si prendono in giro gli imprenditori e il paese, perché non stiamo affatto operando all’interno di queste due logiche.
(Marco Biscella)