È ancora nel caos la scuola italiana nonostante ancora ieri la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina abbia tentato di rassicurare tutti: «Ci sono tutte le condizioni per riportare gli studenti a scuola l’11 gennaio». Ma dopo la lite nel Governo con il Pd e le diverse incomprensioni con le Regioni, è tutt’altro che sicuro quel rientro in classe ipotizzato dal Governo nell’ultimo Decreto anti-Covid: come già evidenziato qui sotto, sono già diverse le Regioni che hanno annunciato un calendario assai più “ampio” e variegato per il rientro in classe in presenza, quantomeno per le scuole superiori.
Alla lista di “ribelli” si è aggiunto ieri anche il Piemonte con l’annuncio del Presidente Cirio del rientro in presenza per gli studenti delle superiori (al 50%) solo dal 18 gennaio in poi: al netto delle tabelle e calendari diversi Regione per Regione, tutto poi verrà ulteriormente ribaltato il prossimo 8 gennaio con l’arrivo dei nuovi dati di monitoraggio Covid. Se gli indici Rt saliranno nei territori, si tornerà in zona arancione/rossa con inevitabile ripercussione sulla scuola per il ritorno obbligatorio alla Dad. Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, oggi su Repubblica traccia l’ipotesi più allarmante per la scuola italiana: «Il prezzo che questa generazione di studenti rischia di pagare — già altissimo dopo il lockdown di primavera e la troppo incerta ripartenza in autunno — sta diventando enorme, con perdite in termini di conoscenze, di prospettive di lavoro e di reddito, di qualità della cittadinanza già ora in parte irrecuperabili. La risposta non può che essere una, la dico nel modo più ruvido: allungare l’anno scolastico fino a luglio e perfino ad agosto, con l’obiettivo di recuperare quello che non è stato fatto da marzo scorso a oggi».
RIENTRO A SCUOLA: LE “FAQ”
Dopo 48 ore di estrema tensione nel Governo, con “annunci” e “smentite” che si sono inseguite, la scuola italiana nella notte ha ricevuto l’ennesimo “rinvio” e cambio di decisione a soli due giorni dall’ideale ripresa post-vacanze di Natale. Solo ieri la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina spiegava a mezzo stampa che la ripresa per le scuole superiori sarebbe avvenuta in presenza (con studenti in classe al 50%) «sicuramente il 7 gennaio 2021» (già un passo indietro rispetto al solo 25% in Dad garantito dal Dpcm di inizio dicembre).
Poi però le tensioni nella maggioranza, il timore di una terza ondata e la pressione di Cts, Pd e parte delle Regioni ha di nuovo stravolto tutto. Le famiglie italiane si sono dunque svegliate in queste vigilia dell’Epifania senza sapere ancora quando e come i propri figli potranno tornare a scuola giovedì prossimo: proviamo dunque a fare un po’ di ordine con le ‘nostre’ FAQ per provare a rispondere ai tanti quesiti posti in queste ore, giustamente, dalla popolazione attonita davanti all’ennesimo rinvio. In primis, nella notte il Governo ha varato un nuovo Decreto legge anti-Covid che avrà valenza 7-15 gennaio: nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri si interviene, tra gli altri punti, sull’organizzazione dell’attività didattica nelle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado (superiori) con «la previsione della ripresa dell’attività in presenza, per il 50 per cento degli studenti, a partire dal prossimo 11 gennaio». Il che significa che si attendono i nuovi dati del monitoraggio Cts-Cabina di Regia in arrivo venerdì 8 gennaio per capire quali Regioni da lunedì saranno gialle, arancioni o rosse e in base a quello si capirà per chi il rientro avverrà in Dad e per chi in presenza al 50%.
QUANDO E COME RIAPRE LA SCUOLA ITALIANA
La lite tra Pd-Italia Viva-M5s è proseguita fino a notte tarda, con le ministre renziane Bellanova e Bonetti che aumentano lo stato di crisi interna al Governo ribadendo «Il rinvio è segno di un caos inaccettabile. Non si doveva arrivare a questo punto quando lo abbiamo detto da mesi che le scuole avrebbero riaperto a gennaio». Il M5s se la prende con la Ministra De Micheli, attaccando «L’organizzazione dei trasporti è stata totalmente assente». Alla fine la mediazione-tregua cade sull’11 gennaio, ma nei prossimi giorni si attendono nuovi confronti accesi per capire cosa davvero potrà riaprire in presenza sul territorio italiano. Chi dunque riaprirà il 7 gennaio? Si tratta della scuola d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado (le medie) che avranno il rientro in presenza da giovedì, eccetto la Campania che ha approvato un calendario tutto proprio («11 gennaio materne e le prime due classi delle elementari, il 18 l’intera scuola primaria mentre il 25 torneranno in classe, sempre che le condizioni della curva epidemiologica lo consentano, le secondarie di primo e secondo grado», sottolinea il Corriere della Sera).
Dall’11 in poi si capirà invece per le superiori, con la consapevolezza che – al netto di altre modifiche in extremis – le zone arancioni impongono la Dad al 100%, così come la zona rossa, mentre per la “gialla” si potrà riportare in classe il 50% degli studenti. Ciò che invece è già chiaro è chi non riaprirà sicuramente l’11 gennaio: si tratta delle Regioni Veneto, Marche, Friuli e appunto Campania. Per le ordinanze di Zaia-Ceriscioli-Fedriga il ritorno in presenza al 50% degli studenti delle superiori avverrà il 1 febbraio, mentre per la Sardegna e la Liguria ancora si deve capire se verranno apportate modifiche all’intenzione di riaprire le classi il prossimo 15 gennaio. In tutto questo gran caos, la scienza e la politica è ancora divisa sul fronte centrale e irrisolto dopo 12 mesi di discussioni: la scuola è fonte di contagio? Gli studi scientifici si sovrappongono con tesi e risultati anche opposte, il che di certo non aiuta la politica nella già intricata scelta e gestione di un settore fondamentale per ogni società democratica.