E tre. Siamo arrivati alla terza versione della bozza del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che definisce il Recovery Plan, che destina i miliardi del Recovery fund, in vista del piano Next generation Italia. Troppe sigle? Vero, e quando le sigle abbondano si può essere certi di una diffusa confusione, una fuffa dove i numeri cambiano di continuo, mascherati da aggiustamenti intelligenti, ma in realtà movimentati dal cencellinismo (ricordate il vecchio “manuale”?), ancora più spinto in questa fase di crisi politica strisciante.
Terza bozza, dunque, che dovrà superare il vaglio di un Consiglio dei ministri (notturno, come ormai impone la moda) più che mai incerto, per poi passare a quello di Parlamento, Regioni, Comuni, parti economiche e sociali, forze intermedie, terzo settore e via dicendo. La bozza – riporta la premessa – è “una sintesi delle attività di rielaborazione della bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), risultato del lavoro svolto dal Governo nel confronto con le forze politiche di maggioranza, che si è intensificato nelle ultime settimane anche attraverso l’elaborazione di osservazioni e proposte di modifica alle bozze di lavoro preliminari. È un documento di lavoro interno al Governo, per favorire il raggiungimento dell’accordo politico sulle modifiche alla bozza di Pnrr. Lo sforzo compiuto è di rendere più chiara, alla luce delle novità intervenute, la visione d’insieme della strategia di investimenti e riforme del Piano”.
Al di là degli accordi politici, sempre poco probabili in queste maggioranze di cani e gatti, di sicuro (per ora) c’è che le risorse disponibili passano da 196 a oltre 222 miliardi: 209,84 riguardano il Next Generation Eu, con 66,6 miliardi già impegnati in progetti in essere, 143,24 su nuovi progetti. I miliardi in più arrivano dal Fondo sviluppo e coesione, circa 20 miliardi che non erano ancora stati programmati, e da tagli sugli abbondanti bonus. Esercizi di algebra finanziaria che dovranno alla fine superare lo scoglio più decisivo: il giudizio dell’Ue. Un’analisi che, se non dovesse ritenere “strutturali” gli interventi da finanziare, ben difficilmente darà il via libera a qualsiasi recovery.
La terza bozza, intanto, prevede l’aumento da 27,7 a 32 miliardi per le infrastrutture: 28,3 miliardi per alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0, e 3,7 miliardi per intermodalità e logistica integrata. Scendono invece da 74 a 69 miliardi i fondi destinati alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica: agricoltura sostenibile ed economia circolare (5,5 miliardi), energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile (18,2 miliardi), efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (30,7 miliardi) e tutela del territorio e della risorsa idrica (14,5 miliardi). Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA avranno 11,3 miliardi; digitalizzazione, ricerca e sviluppo e innovazione del sistema produttivo 26,6. Alla sanità saranno destinati 19,7 miliardi (prima erano 9) tra assistenza di prossimità e telemedicina (7,9 miliardi) e innovazione dell’assistenza sanitaria (11,8). miliardi. Sud, donne e giovani – riporta la bozza – “sono priorità trasversali contenute in tutti gli obiettivi del Piano, priorità non affidate a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma perseguite in tutte le missioni del Pnrr”.
E infine il turismo, la vera novità di questa terza versione della bozza, che evidentemente restituisce al settore un po’ di dignità in più di quanto traspariva fino alla scorsa settimana. I fondi sono più che raddoppiati, con uno stanziamento di 8 miliardi (prima erano 3,5). Resta ancora da verificare la ripartizione tra turismo e cultura, ma le cifre cominciano almeno a somigliare a quelle programmate dagli altri Paesi europei.