Non c’è stato nemmeno il tempo di aver paura. La rapidità con cui i mercati finanziari hanno archiviato la stagione di Donald Trump ha travolto ogni previsione e relegato in secondo piano tutti i calcoli della vigilia: finiscono in soffitta i tagli al fisco per i più ricchi così come l’impiego a pioggia di strumenti come i buybacks azionari che favoriscono la distribuzione dei profitti ai più ricchi. Una sorta di “vendetta” della maggioranza che, fino a pochi giorni fa, veniva vissuta come una minaccia dai signori dei listini, già abituati a super guadagni che hanno consentito l’accumulo di superprofitti. Per questo, secondo gli esperti, Wall Street confidava in un esito elettorale all’insegna dell’incertezza, tale da legare le mani alla sinistra democratica più radicale.
Ma ancora una volta le previsioni hanno sbagliato. Il trionfo dei democratici in Georgia, combinato con la grottesca quanto drammatica sceneggiata che ha investito il Congresso Usa, ha spazzato via anni di trumpismo, condito di ricette autarchiche all’insegna del Maga (Make America Great Again). E dai cassetti delle case finanziarie sono spuntati calcoli di nuovo tipo. Come quello di Schroders, una delle più note società di investimento della piazza londinese, che prevede un incremento aggiuntivo dell’1% al Pil Usa del 2021 e del 2022. Il capo economista Keith Wade ritiene che le novità politiche consentiranno di portare le nuove stime al +4,8% per il 2021 e al +4,5% per il 2022, in rialzo dai +3,8% e +3,5% precedenti.
“I Democratici – spiega Wade – controllano il Congresso e sono in condizione di implementare molti dei punti nell’agenda del Presidente eletto Joe Biden”. Nel breve l’impatto sarà di una maggiore spesa fiscale, con Biden che ha già descritto il recente provvedimento da 900 miliardi di dollari come non sufficiente. “Ci aspettiamo una legge rafforzata – ha chiarito – che preveda l’aumento da 600 a 2mila dollari degli assegni che i cittadini americani riceveranno, l’estensione di sussidi di disoccupazione più elevati, da marzo a giugno, e l’aumento della spesa degli Stati e dei governi locali”. Il tutto potrebbe aggiungere “altri 900 miliardi di dollari alla spinta fiscale”. Proprio quello che Mitch McConnell, lo speaker repubblicano del Senato uscente, ha inteso scongiurare fino all’ultimo evocando lo spettro del default del bilancio federale. Niente di tutto questo, ripetono ora in coro i guru che già mettono in conto un disegno di legge ad hoc sulle infrastrutture, con particolare enfasi sull’energia pulita.
I mercati, di fronte a questo nuovo scenario, macinano record a raffica. Un po’ ovunque, Europa compresa. A partire dalla Germania, la potenza manifatturiera del Vecchio Continente che tanto ha temuto le minacce di Trump nei confronti dell’Unione europea, fino all’Italia, ambigua nei suoi atteggiamenti verso Trump (così come nei confronti di Putin), cui di sicuro non dispiace la prospettiva di una ripresa del lusso e dell’industria manifatturiera in genere. Ma, se si guarda allo scacchiere globale, i veri vincitori del nuovo corso vanno trovati in Asia. Non solo in Cina, che comunque dovrà continuare a fare i conti con la riscossa americana, impegnata a sfidare Xi Jinping a tutto campo, dai diritti umani alla leadership tecnologica. Non solo in Giappone, che si sta svegliando da un letargo che dura da più di trent’anni. Ma anche in quei Paesi, dalla Corea del Sud fino a Taiwan, che rappresentano ormai la nuova frontiera della crescita.
Merita dare uno sguardo all’economia della Corea, Paese che per dimensioni e popolazione, ha molte affinità con l’Italia. Ma, purtroppo, le affinità finiscono qui. Venerdì l’indice della Borsa di Seul, il Kospi, ha messo a segno un nuovo massimo storico in scia al clamoroso balzo di Hyundai. Il colosso dell’auto (un anno fa in trattative con Fiat Chrysler) ha messo a segno un balzo del 25% dopo aver ammesso una trattativa con Apple per la produzione di un’auto elettrica che potrebbe segnare il debutto della Mela nell’auto. Intanto, un altro grande nome del listino della Sud Corea, Samsung Electronics, annuncia un forte aumento degli utili a fronte della crescita della domanda di chips, specie per l’auto.
Il mondo, insomma, torna a correre. E in un mondo di lepri non ci sono alibi per le tartarughe come l’Italia, ferma da un quarto di secolo.