Se a Lucio Battisti potevano bastare dieci ragazze (una per la mattina, una per la sera, e così via), undici candidati sembrano pochi per la competizione a Sindaco di Napoli. E così mentre Luigi De Magistris si accinge a lasciare la guida della città che ha finito di scassare – minacciando di presentarsi in Calabria per la poltrona di Presidente – una selva di nomi si contende per ora l’arena mediatica.
Molto affollato il campo istituzionale dove sono schierati – in qualche caso contro la loro stessa volontà – i ministri Enzo Amendola (Affari Europei), Gaetano Manfredi (Università e Ricerca), Sergio Costa (Ambiente) e il Presidente della Camera Roberto Fico. Naturalmente si tratta di soggetti alternativi l’uno all’altro e si collocano nell’area della maggioranza di governo monopolizzata da Pd e M5S.
Sempre nel recinto della sinistra si collocano due veterani: il già due volte sindaco e due volte presidente di Regione Antonio Bassolino e il deputato Gennaro Migliore già sottosegretario alla Giustizia. Il primo è reduce da diciannove assoluzioni negli altrettanti processi che gli sono stati rovesciati addosso, mentre il secondo potrebbe giocarsi la partita con i colori di uno scatenato Matteo Renzi.
A destra si affaccia Sergio Rastrelli, avvocato e figlio del compianto e rimpianto governatore della Campania Antonio, lanciato nella mischia dal Segretario di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Disposto a misurarsi nello stesso spazio, ma senza insegne di partito, è anche il magistrato Catello Maresca a lungo sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia proprio a Napoli.
Poi ci sono il patron del colosso imprenditoriale Carpisa-Yamamay Gianluigi Cimmino e l’ex presidente dell’Ice (oggi alla testa dell’Interporto di Marcianise) Riccardo Monti. Se il primo ha fatto sapere di essere disposto a scendere in pista solo nel caso in cui Maresca dovesse rinunciare a correre, il secondo si appella alle numerose associazioni civiche che si stanno organizzando.
Infine, ma non per ultimo, è stata letteralmente spinta nell’agone la giovane assessora Alessandra Clemente che dovrebbe rappresentare la continuità amministrativa e questo, nonostante le capacità personali, è esattamente quello che la penalizza di più dopo dieci anni di gestione confusa e velleitaria che ha lasciato un buco gigantesco nelle casse comunali azzerando la qualità dei servizi.
Su tutto e tutti, poi, si staglia la figura dell’attuale governatore della Regione Vincenzo De Luca che ha fatto sapere che non se ne starà certo a guardare con le mani in mano. Reduce da una conferma plebiscitaria per il modo in cui ha gestito il contrasto alla pandemia, De Luca non si è ancora scoperto, ma si dà per certo che vorrà assicurarsi un interlocutore se non docile almeno riguardoso.
Insomma, di qui al voto ne vedremo delle belle. E appare quantomeno stravagante che la pattuglia degli aspiranti (o possibili tali) salvatori della Patria si presenti così folta, mentre in altri casi – vedi Roma – sembra che nessuno tra big della politica o della società civile voglia battersi per la conquista del Municipio se si escludono l’uscente Virginia Raggi e l’outsider Carlo Calenda.
Naturalmente siamo ancora alle prime battute in un contesto più che liquido dal momento che molto conteranno le condizioni dettate dagli accordi e le vicissitudini nazionali. Certo è che dieci anni di conduzione disastrosa sotto tutti i punti di vista dovrebbe far riflettere quella parte di nomenklatura cittadina che si autoproclama illuminata mentre si rende complice delle peggiori scelte.