Il Comitato tecnico-scientifico ieri alle 13 avrebbe dovuto valutare il piano Bertolaso sulla vaccinazione della Lombardia, come da richiesta arrivata direttamente dal governatore Attilio Fontana e dalla sua vice, nonché assessore regionale al Welfare, Letizia Moratti. Ma il ministero della Salute – prima con una telefonata e poi nero su bianco via mail – ha chiesto ai tecnici del Cts di soprassedere, anche perché alle 15,30 era stato convocato un incontro tra i ministri Speranza e Boccia, il commissario Arcuri e le Regioni, proprio per aggiornare il piano vaccini nazionale. “Trovo incredibile – si legge in una nota dello stesso Fontana – che il ministero della Salute abbia deciso di bloccare la valutazione del piano vaccinale di massa della Lombardia”, inviato “come contributo lombardo e best practice da proporre anche a livello nazionale”.
Il piano vaccinale, coordinato da Guido Bertolaso, si propone infatti di vaccinare “10 milioni di italiani residenti in Lombardia, un sesto della popolazione nazionale”. E ha concluso: “Riteniamo che il piano vaccinale sia una priorità per tutto il Paese e che non debba sottostare a logiche di parte”. Evidentemente, però, il progetto rischiava di fare troppa ombra. Il Cts avrebbe dovuto esprimere un parere “soprattutto sul fronte logistico gestionale del piano”, che appunto non è mai stato espresso. Ma per provare a dare una “pagella” sulla bontà o meno, dal punto di vista prettamente logistico, al piano Bertolaso abbiamo interpellato Luca Lanini, professore di Logistica all’Università Cattolica di Piacenza e membro del comitato scientifico del Freight Leaders Council.
Come valuta il piano Bertolaso?
Finalmente, per la prima volta, vediamo un progetto pianificato, anche perché non so se qualcosa di simile esista presso il ministero. Positivo anche il fatto che sia stato elaborato da consulenti, come il Politecnico di Milano, come è giusto che sia. Sono raccomandazioni, ipotesi di lavoro offerte a chi deve prendere una decisione. Infine, il piano è focalizzato esclusivamente sul segmento della somministrazione dei vaccini e di organizzazione dei centri vaccinali.
Su questi due punti il piano è molto dettagliato con numeri, spazi, tempi e dotazione di personale incaricato.
La pianificazione sui centri vaccinali, che prevede diverse possibilità, offre dati concreti. Sulla somministrazione si fa un ottimo lavoro, partendo – ripeto – dalla premessa che il vaccino sia sempre disponibile in ciascun punto.
Perché ottimo?
Ottimo come metodo, perché l’analisi si basa sugli strumenti logisticamente giusti, cioè quelli da mettere necessariamente in campo, per pianificare questa campagna vaccinale. E si intuisce che si è preso a prestito il modello inglese, che può andar bene.
Il piano Bertolaso prevede tempi di inoculazione pari a tre minuti e mezzo e 7 minuti in media per vaccinazione. Fattibile?
Qui è difficile trovare modelli di comparazione. Il modello suggerito parla di sei minuti, cioè dieci vaccinati all’ora per postazione vaccinale. Il modello emiliano, per esempio, prevede 10 postazioni, che lavorano per 14 ore, dalle 8 alle 22. Ogni postazione gestisce 10 vaccinati all’ora. Bisognerà vedere all’atto pratico se quella tempistica così performante verrà rispettata. Sui 7 minuti ci siamo, siamo nel range delle esperienze più avanzate, anche se a mio avviso sarebbe importante scendere a 5 minuti per vaccinazione. Mi sembra invece corretto prevedere i 15 minuti di verifica post-somministrazione, anche se all’inizio si parlava di 30 minuti di attesa di decantazione, ma ormai questo tempo lo si riserva solo a coloro che presentano qualche controindicazione.
Bertolaso vorrebbe tenere aperti i centri vaccinale 24 ore su 24 su diversi turni. Che ne pensa?
Va benissimo, perché il fattore tempo è decisivo. In Lombardia vivono 10 milioni di persone, a cui bisogna togliere gli 1,4 milioni di under 14 che non devono essere vaccinati. La cifra di 6,6 milioni corrisponde grosso modo al 70% della popolazione, che è la quota fissata per raggiungere l’immunità di gregge. Se si volesse raggiungere l’obiettivo entro fine anno bisognerebbe vaccinare ogni giorno circa 20mila persone.
L’obiettivo però è arrivare a vaccinare 6,6 milioni di cittadini lombardi entro giugno…
Mi sembra un po’ difficile che non insorgano problemi, che tutto fili sempre liscio sul fronte del rifornimento a monte, non tanto sul territorio italiano, ma nei frigoriferi dei centri di stoccaggio. Forse sarebbe il caso di prevedere anche un piano B, allungando il traguardo a luglio-agosto, il che sarebbe comunque un grandissimo risultato.
Ma il piano prevede che siano vaccinate in ciascuno dei 35 centri vaccinali previsti 5.500 persone in media al giorno. Obiettivo ambizioso?
Questo sarebbe un flusso meraviglioso. Innanzitutto perché parliamo di centri vaccinali grandi, su cui sono totalmente d’accordo, e perché il ritmo sarebbe di 1,5 milioni di persone vaccinate al mese. I calcoli di Bertolaso nel merito non sono sbagliati. Il problema è che per ora siamo fermi alle sperimentazioni.
Ha qualche suggerimento da dare?
Nel piano Bertolaso non si parla di logistica dell’approvvigionamento, molto probabilmente viene data per scontata o si spera che non sia un problema da affrontare. Però non si capisce come arrivino i vaccini ai centri, piccoli o grandi che siano, e come verranno poi stoccati. Manca il tema della gestione dei frigoriferi e delle scorte dei vaccini. Quando devono arrivare? Quanti ne devono tenere di scorta?
Ci sono errori o intoppi che sarebbe meglio evitare?
Ripeto, c’è un punto oscuro: spero sia stato analizzato bene il nodo dell’approvvigionamento e delle scorte dei vaccini, perché questo problema potrebbe far fallire il piano, mancherebbe la “benzina” al motore. La gestione del vaccino richiede un certo arco di tempo per scaricarlo, decongelarlo, infialarlo.
Recentemente è stato pubblicato il bando delle primule, i gazebo voluti dal commissario Arcuri che verranno realizzati e adibiti per le vaccinazioni. Lei è molto critico con questa soluzione. Perché?
È dal novembre dell’anno scorso che diciamo che le primule in piazza sono luoghi inutili, non possono essere la soluzione, non sono in grado di reggere la portata della sfida vaccinale di massa. Fortuna che le idee partorite dal commissario Arcuri non hanno avuto finora seguito.
Draghi ha parlato dell’esigenza di migliorare la logistica nella distribuzione delle vaccinazioni. Che cosa ne pensa?
È musica per le mie orecchie. Draghi da insigne economista qual è ha compreso, come ripetiamo da mesi, che in un’operazione simile non si può prescindere dalla logistica e dai logistici, lungo tutta la filiera e non solo su un segmento.
Per il piano vaccinazione nazionale Draghi vorrebbe ispirarsi al modello inglese. Scelta condivisibile?
Direi di sì, il modello inglese è meglio di quello francese e non molto diverso da quello tedesco. Personalmente però avrei scelto il modello israeliano, che sta lavorando molto sulla velocità di vaccinazione e ha puntato molto sulla logistica in un paese con alte temperature per gestire un vaccino da trasportare e conservare a -80 gradi.
(Marco Biscella)