Rappresenta senza dubbio una delle piaghe sociali del Terzo Millennio, con cui devono confrontarsi quotidianamente i cosiddetti nativi digitali, ma non solo: stiamo parlando dell’odio online, un fenomeno negativo purtroppo dilagante e che troppo spesso finisce per mietere vittime. Una tematica delicata, sulla quale troppe volte si è scelto di sorvolare e di chiudere gli occhi senza intervenire direttamente, ma ora, finalmente, è arrivato il tempo di agire per arginarla e tentare di porre un freno a tutto questo.
Sono infatti giunte a termine le attività del gruppo di lavoro sul fenomeno dell’odio online, un team costituito da rappresentanti della pubblica amministrazione e da esperti, istituito con un apposito decreto dal ministro per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, di concerto con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delegato in materia di informazione ed editoria, Andrea Martella. I risultati di questo impegno sono stati pubblicati sul web nelle scorse ore.
ODIO ONLINE, COME ARGINARLO
Dopo un attento lavoro, il team ha prodotto un report in cui si evidenzia come il concetto di odio riguardi esperienze soggettive non standardizzabili. Il resoconto finale passa in rassegna le diverse definizioni di odio online, ne indaga la fenomenologia, propone un’analisi di cosa, a livello internazionale, si è fatto o si sta facendo per contrastarlo ed elabora raccomandazioni sulle possibili ulteriori azioni da intraprendere. Nel documento, si afferma espressamente che è finora mancata “un’azione comune e concordata tra i Paesi europei. Non c’è un accordo sulla definizione di hate speech e sul concetto di istigazione all’odio online. Non c’è stato un coordinamento sulle modalità di contenimento del fenomeno, nella previsione di tempi certi di cancellazione dei messaggi o sul ruolo di garanzia della magistratura nella gestione della rimozione dei contenuti quando impatta sulla libertà di espressione”. Due le soluzioni principalmente suggerite: un’attività di prevenzione che coinvolga già i bambini in età scolastica e l’istituzione di sanzioni giuridiche a carico delle persone fisiche titolari dei profili attraverso i quali viene perpetrato il fenomeno dell’odio online.
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