RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI GNECCHI E DAMIANO
In un articolo pubblicato su Left, Cesare Damiano e Marialuisa Gnecchi, già autori di una proposta di legge in materia di riforma pensioni, propongono di “migliorare e allargare l’Ape sociale”, seguendo il criterio guida di “rendere strutturale la flessibilità nel sistema pensionistico, superando le rigidità anacronistiche introdotte dalla legge Monti-Fornero. I due ex deputati spiegano anche che “avere una previdenza flessibile è il massimo della modernità” e che “collegare la flessibilità alle differenti aspettative di vita (un operaio vive meno a lungo di un professore) anticipando l’uscita dal lavoro di chi è maggiormente esposto alla fatica e ai rischi, è una scelta di giustizia sociale”. Damiano e Gnecchi entrano quindi nel dettaglio della loro proposta.
LA FLESSIBILITÀ CON PENALIZZAZIONI (NON PER TUTTI)
Dal loro punta di vista occorre rendere strutturale l’Ape social, allargando la platea ad altre categorie, “a partire da quelle maggiormente esposte al rischio pandemie”, consentendo il pensionamento a 63 anni “con un range di contributi compreso tra i 30 e i 36 anni”, includendo “nei 30 anni di contributi, oltre a chi è disoccupato, anche i lavoratori dell’edilizia”. Per le categorie non incluse nell’Ape social andrebbe prevista la possibilità di andare in pensione a 63 anni di età, con 36 di contributi, ma “con una penalizzazione sulla parte retributiva del 2-3% per ogni anno di anticipo rispetto agli attuali 67”. Damiano e Gnecchi lascerebbero attiva anche l’attuale Quota 41, Opzione donna, la normativa sui lavori usuranti, l’Isopensione e il contratto di espansione.