Il vantaggio di uno sport come il tennis in epoca di pandemia? Quello di non essere uno sport di contatto. Con le giuste precauzioni, evitando il classico conciliabolo tra compagni prima di ogni servizio, è possibile anche giocare il doppio in sicurezza. Come si spiega, allora, che molti campi da tennis, in particolare al Nord Italia, risultino tuttora chiusi? Il riferimento è in particolare ai campi coperti, quelli caratterizzati dalla presenza di palloni pressostatici utilizzati per giocare indoor. Secondo il ministero, però, questo tipo di struttura sarebbe equiparabile ad un impianto al chiuso, con la conseguenza che lo sport all’interno non sarebbe praticabile per ovvie ragioni di sicurezza. Impossibile, secondo il ministero, garantire un riciclo dell’aria all’interno dei palloni pressostatici. Alcuni circoli, però, hanno deciso di dare battaglia…
IL RICORSO DEI CIRCOLI TENNISTICI DEL NORD
La risposta di una trentina di circoli tennistici, tra i quali, spiccano i principali club milanesi (dal Milano all’Ambrosiano fino al Quanta e allo Sporting Milano 3), è stata quella di presentare ricorso al Tar del Lazio. La loro iniziativa legale, però, non ha avuto il successo sperato. Elena Buffa di Perrero, presidente del TC Milano Bonacossa, come riportato da Repubblica, ha dichiarato: “Il Tar ha liquidato la questione in maniera scarna, senza nemmeno rispondere nel merito, ma ribadendo le stesse Faq del Dpcm“. Giancarlo Lombardi, presidente del Tennis Club Lombardo, circolo promotore del ricorso insieme al Bonacossa, ha precisato: “Il movimento è partito qui al Nord perché in inverno non è possibile giocare all’aperto come nel Sud. I campi veloci esterni sono ghiacciati, viste le basse temperature, mentre quelli in terra battuta non sono utilizzabili fino alla primavera“.
LO STUDIO: “CAMPI COPERTI SONO SICURI”
I circoli tennistici avevano deciso di impugnare la decisione del governo di rendere inagibili i campi coperti partendo da uno studio scientifico del professor Giorgio Buonanno, professore ordinario di Fisica tecnica ambientale all’università degli Studi di Cassino e alla Queensland university of technology di Brisbane, Australia, che analizzando i flussi d’aria sotto i palloni pressostatici era arrivato a sostenere che le strutture garantissero un ricambio d’aria adeguato tale da poter affermare che giocare a tennis al coperto fosse uguale a livello di rischio contagio come farlo all’aperto, anche in presenza di più atleti. Di fatto dalla fine di ottobre i campi da tennis vengono utilizzati soltanto da agonisti in possesso di tessera federale, mentre non possono avervi accesso i bambini delle scuole apprendimento tennis e gli amatori. Lombardi ha chiosato: “Siamo molto amareggiati: questo è un danno sociale ed economico per tutti. Sociale perché i bambini non possono fare attività sportiva. Non capiamo dove possa essere il rischio di contagio da Covid in una struttura di 262 metri quadrati divisa tra quattro bambini e un maestro, secondo i protocolli federali, mentre a scuola sono molti più, in classe, su una superficie più piccola. Infine, economico perché tra i mancati guadagni, e i rimborsi delle quote, chiuderemo in perdita. Noi circoli grossi sopravviveremo, ma le associazioni più piccole con solo 1 o 2 campi come andranno avanti? E non dimentichiamo i nostri maestri. Ripartire da marzo col nuovo decreto? Ci stiamo già attrezzando anche per riprendere il prima possibile nei campi aperti, appena le temperature lo consentiranno“.