Mercoledì delle ceneri: ricordati che sei polvere (di stelle)

L'inizio della Quaresima, con l'imposizione delle ceneri, ci ricorda che siamo fatti di polvere, in cui Dio ha soffiato la vita

La odio. Mi è così fastidiosa da non poterla nemmeno vedere: è la mia perpetua condanna, il mio nauseante tallone d’Achille. “Quella contro la polvere è una guerra persa, nonna: perché continui a combatterla?” le dicevo quando, io piccolo, mi metteva in mano lo straccio perché l’aiutassi a toglier la polvere in casa. Non c’è nessun’altra cosa al mondo che mi arrechi un voltastomaco tale da togliermi il respiro: la polvere è la mia versione aggiornata del male cosmico. Mi fiacca il respiro, mi affatica le azioni, mi appesantisce persino gli occhi. La polvere, poi, mi riporta alla mente un altro dettaglio: quando provi a raccogliere la strisciolina di polvere che rimane davanti alla paletta. Siccome mi era difficile raccoglierla tutta, finivo sempre nell’appartamento dei vicini!

Una guerra infinita. “Quanto ti odio, dannato polvere!”: un’infinità di volte gliel’ho detto. Lei, testarda, non vuole smettere di provocarmi. Si è alleata persino col prete del paese: lì ho capito che la cosa diventava improrogabile. “Ricordati uomo che polvere sei, e polvere ritornerai”, lo sentivo ripetere il mercoledì delle ceneri mentre, con una piccola dose di cenere, mi cospargeva il capo. “Sono polvere!”, mi ripetevo. Poi, siccome alla polvere sono allergico, mi mettevo in testa di essere allergico a me stesso: siccome son polvere, allora m’infastidisco da solo. “Che brutta storiaccia dev’essere la Quaresima” iniziavo a ripetermi. Un mercoledì insopportabile!

Un giorno, lo ricordo benissimo, ebbi un’apparizione. Nessuna Madonna di nessuna specie, premetto. Stavo a fissare il vuoto in una stanza quando, senza chiedere permesso, dalla finestra entrò un raggio di sole. Nella stanza non c’era assolutamente nulla, era vuota: il sole, però, entrando accese la luce attorno. E mi persi a guardare la vita nell’aria. Al sole, genio qual’è, bastò illuminare un po’ di polvere nell’aria per farmi intravedere la vita. “E io la chiamo polvere!” dissi a me medesimo in quell’attimo. Fu l’apparizione della polvere a Marco: “Ricordati che sei polvere, ma se un raggio di sole t’illumina, diventi vita per chi ti guarda”. Non sono polvere, dunque: sono magia! Nella stagione della scuola, poi, non mi è mai partito il batticuore per la scienza e le sue sorelle più affini, come la fisica. Però una lezione la ricordo a memoria: quella in cui la professoressa parlò della polvere di stelle. «Ogni atomo nel tuo corpo viene da una stella che è esplosa – ci disse. Ricordo ancora il sorriso di chi stava dicendo una cosa suggestiva -. E’ la cosa più poetica che conosca di ciò che insegna la fisica: siamo interamente fatti di polvere di stelle». Quasi non potevo crederci: pur allergico alla polvere, ero fatto di polvere. Di stelle, però. Ricordo anche cosa disse dopo: “Quando vi capita d’essere tristi, guardatevi allo specchio, ditevi: sto osservando una stella. Bella!” Ero piccolo, ma ero molto di più. Una (s)polverata di stelle sul mondo.

D’allora, all’inizio di ogni Quaresima, mentre il prete con la cenere in mano mi ricorda il vecchio adagio della Chiesa, in simultanea me lo personalizzo, per digerirlo meglio: “Ricordati che polvere di stelle sei, e polvere di stelle ritornerai” bisbiglio alla mia anima. E tutto mi appare più chiaro, quasi stellare: attraversata da Dio, la polvere si chiama vita. L’inizio stesso della vita: «Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo – si legge nel libro di Genesi -, soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (2,7). Siamo fatti di polvere, polvere soffiata da Dio come i vetri di Murano: i veneziani, artisti del vetro, son convinti che il vetro sia materiale malleabile, adatto alla soffiatura. Fosse per me il vetro è solamente spesso, blindato, doppio. Quando un maestro vetraio lo prende in mano, diventa materia così malleabile d’essere modellata dal soffio. Anche la polvere, fosse per me, sarebbe solo polvere: fatto sta che, per Dio, ricordarmi d’esser tale è annunciarmi la mia doppia possibilità: polvere e basta, di quella da spazzolare, se mi ostino a impedirgli il passaggio. Polvere di stelle, da intravederci la vita, se accetto di lasciarmi soffiare da Lui.

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