Il governo Draghi ha posto, tra gli obiettivi primari da perseguire nel breve e medio periodo, la riforma della giustizia civile, argomento fondante per dare fiducia ai mercati, agli investitori e ai cittadini, ponendo rimedio alla lungaggine eccessiva dei processi nel nostro paese, in particolare quei processi civili legati alla necessità di dirimere controversie inerenti pagamenti in contestazione, interpretazione di contratti, litigi societari, controversie tra lavoratore e datore di lavoro.
A differenza dei paesi di “common law”, il nostro ordinamento, che vede le proprie radici nel diritto romano, è particolarmente complesso, vive di sovrapposizione di norme spesso non chiare, che si prestano a interpretazioni contrastanti anche dinanzi il medesimo tribunale, in un cortocircuito tale da consentire che due sentenze, relative a due casi analoghi se non addirittura sovrapponibili, partendo da premesse fattuali identiche, giungano a due decisioni opposte, ma, paradossalmente, entrambe giuridicamente sostenibili e ineccepibili. Difficile a credersi se non si è un operatore del diritto.
Vi è di fatto, però, che a parte la bizzarria dell’evento, è chiaro che quando due casi identici sono decisi in modo totalmente diverso l’uno dall’altro, si presteranno, sicuramente, a due giudizi di appello, nella speranza di trovare un giudice neanche lontano (non c’è bisogno di giungere a Berlino come nell’opera di Bertolt Brecht) pronto a riconoscere una ragione processuale diametralmente opposta a quella di primo grado.
Siamo, quindi, in presenza di un contenzioso che si autoalimenta e si moltiplica da solo, che finisce con il certificare l’impossibilità per un numero di magistrati, pur corposo rispetto ad altri paesi, di poter far fronte, velocemente, e in maniera giuridicamente ineccepibile, alle vertenze poste alla loro attenzione da avvocati, troppo spesso bravi e preparati, che si sfidano in punto di diritto, scrivendo e argomentando in maniera articolata e complessa.
Dinanzi a tesi contrapposte, estremamente articolate, il povero giudice può inciampare, e capita frequentemente, redigendo sentenze superficiali, monche, prive di approfondimento delle tematiche da dirimere, producendo il medesimo effetto: ricorsi in appello e poi in Cassazione.
Il legislatore, negli anni addietro, a dire il vero, le ha provate tutte per risolvere il problema. Ha aumentato i costi dei procedimenti giudiziari, rendendo di fatto l’accesso alla giustizia un privilegio per chi può permettersi non solo di pagare l’avvocato, ma anche onerosi contributi/imposte da versare per dare inizio a un contenzioso, potendo avere la pazienza e le risorse economiche per poter attendere, mediamente, tre anni per una sentenza di primo grado, altri tre anni per una sentenza di appello e… chissà quanto per una sentenza di Cassazione.
Il legislatore aveva, anche, avuto l’intuizione di ricorrere all’istituto della mediazione obbligatoria e della negoziazione assistita, come attività preliminari, necessarie, prima di ricorrere ai tribunali, per risolvere determinati contenziosi, quelli particolarmente frequenti o di maggiore litigiosità (questioni condominiali, societarie, ereditarie, incidenti automobilistici); l’idea poteva essere interessante, ma nella pratica si è rivelata l’ennesima attività infruttuosa, accompagnata da una spesa inutile per accedere alla giustizia, in quanto il mediatore non ha alcun potere di formulare una proposta vincolante per le parti, onde spingerle a trovare un accordo.
In questo scenario imbalsamato, senza via di uscita, il governo dovrà, gioco forza, confrontarsi con i protagonisti effettivi del processo civile, giudici e avvocati che calcano ogni giorno le aule di tribunale, mettendo in disparte i teorici che, finora, non se ne dispiacciano, non hanno prodotto alcunché di effettivamente utile alla soluzione della problematica. La fortuna di aver individuato un ministro della Giustizia particolarmente qualificato, per i risultati brillanti raggiunti sul campo, fa ben sperare.
Come provare a raggiungere velocemente gli obiettivi indicati dal premier ed affrontare la sfida volta ad “aumentare l’efficienza del sistema giudiziario… garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell’arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici”?
Potrebbe essere interessante ragionare su un processo civile prevalentemente scritto, con modalità da remoto, anche dove necessario con collegamenti audio-video, dalla Dad (Didattica a distanza) alla Gad (Giustizia a distanza) per smaltire udienze inutili di solo rinvio o di adempimenti burocratici.
Si dovrà pensare alla possibilità di riconoscere un potere diverso al mediatore, incaricando giovani laureati in giurisprudenza, avvocati, magistrati in pensione, professionisti in grado di redigere brevi e motivati pareri, garantiti da assicurazioni professionali, per la soluzione veloce delle vertenze sulla base della documentazione loro sottoposta; pareri che, se non recepiti, potranno sfociare in un giudizio con il versamento di un deposito cauzionale a garanzia di una sconfitta che dovrà essere particolarmente afflittiva per la parte, cocciuta, soccombente.
Si dovrà immaginare di rendere effettiva la disposizione della calendarizzazione delle udienze del singolo processo; le parti e i loro avvocati devono conoscere preventivamente le date delle loro udienze in modo da sapere effettivamente quanto durerà il loro processo. Non è complicato in quanto in media una causa ha una durata di effettive 4 o 5 udienze che potrebbero essere celebrate una al mese, senza alcun problema organizzativo.
Quelli rappresentati sono tre piccoli, ma banali spunti, che potrebbero contribuire, senza costi aggiuntivi, ad accelerare quel processo che, con una durata ragionevole, potrà servire a dare giustizia, almeno quella processuale, alle parti.
La celerità del processo riuscirà finalmente a dare fiducia a chi si rivolge alla giustizia e non vedrà più i tribunali, i giudici e gli avvocati come dei nemici, ma come coloro che lavorano per interpretare gli aspetti delle controversie e fornire soluzioni che non si perderanno nella notte dei tempi.
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