Antonio Cabrini ha raccontato la sua grande amicizia dentro e fuori dal campo con Paolo Rossi, il compianto campione del mondo 1982 scomparso lo scorso 9 dicembre. Un’amicizia nata in occasione del mondiale in Argentina che si tenne quattro anni prima la vittoria iridata, nel 1978: “Proprio lì inizia l’amicizia tra me e Paolo – racconta Cabrini in un libro, il cui estratto è stato pubblicato da Dagospia quest’oggi – in Nazionale siamo inseparabili, condividiamo la stessa camera. Un’amicizia preceduta qualche anno prima da un preambolo, ai tempi in cui lui era nelle giovanili della Juve e io in quelle della Cremonese: ci incrociammo nella finale del Trofeo Albertoni, quello che vinsero i miei Grigiorossi dopo i calci di rigore”.
Una chiamata a sorpresa quella di Bearzot: “Il Mister, nella lista dei 23, aveva ancora delle caselle da riempire. Un mese prima della convocazione la federazione aveva organizzato un’amichevole a Verona con una squadra sperimentale. È una carta che si usa anche oggi quando il commissario tecnico vuole testare nomi nuovi. Dopo il match, Bearzot si avvicina a me. «Non dire niente a nessuno, ma ti porto in Sudamerica» mi comunica. Le stesse parole le dice anche a Paolo. Entrambi rimaniamo muti come pesci, e al momento della presentazione dell’elenco i nomi “Cabrini” e “Rossi” compaiono come per magia”.
CABRINI: “PAOLO ROSSI? TORNO’ ALLA JUVE IN PIENO CALCIOSCOMMESSE”
Paolo Rossi è salito sul tetto del mondo 39 anni fa, ma ha dovuto sgomitare per raggiungere il posto che gli spettava: “Ha dovuto sudare per indossare la maglia della prima squadra – scrive ancora Cabrini – farsi le ossa a Como, Vicenza (soprattutto) e Perugia”. E ancora: “Tra me e Paolo è nato un grande rapporto d’amicizia anche fuori dal campo. Tra Rossi e la Juventus, invece, il rapporto è stato tormentato, ma sicuramente sincero. Lui è uno dei figli della Vecchia Signora, essendo cresciuto nel settore giovanile bianconero. Poi, la diaspora”. Il bianconero indossato anche nel 1981, in piena squalifica per il calcioscommesse: “Mancano ancora parecchi mesi al termine della squalifica, ma lui si allena come se dovesse giocare ogni domenica, fin dal precampionato a Villar Perosa. In cuor suo sa che Bearzot lo vuole per i Mondiali che si giocheranno l’anno successivo”. E proprio quel Mondiale lo scaglia nell’Olimpo: “Paolo, nelle prime tre partite, non tocca un pallone. Poi, si trasforma. Gol a raffica: capocannoniere della Coppa del Mondo e, a fine anno, Pallone d’Oro. I tre gol al Brasile sono stati un capolavoro”. Cabrini ricorda come Rossi fosse anche: “Un portasfiga. Prima del rigore che sbagliai in finale con la Germania, si era avvicinato chiedendomi se me la sentissi”. Un Pablito Mundial che faceva anche da receptionist a Cabrini: “Capitava che squillasse il telefono in camera, quando eravamo in ritiro, in linea delle ragazze che mi cercavano. «No, Antonio non c’è, ma ci sono io» era la sua risposta classica. Che sagoma”.