“Il caso italiano (comparato con le vicende genialmente interpretate ne Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte di Karl Marx) … rimanda nella complessità della realtà, alla stratificazione degli interessi, al labirinto della storia. Che appunto va decifrata. Suggestione per suggestione, ho scelto una metafora per descrivere la situazione del paese, la sfera armillare. Oggetto affascinante, amato dai principi rinascimentali. A Firenze, oltre a quella sulla facciata della chiesa di Santa Maria Novella, ce ne è una bellissima di grandi dimensioni costruita per volere di Ferdinando I de’Medici, presso il Museo della Scienza. La sfera rappresenta la ‘macchina universale’ del mondo secondo le concezioni elaborate da Aristotele e perfezionate da Tolomeo”. Così scrive Leonardo Tirabassi per interpretare originalmente l’andamento delle sfere politiche italiche.
È una visione diversa dalla mia: quella delle “mucillagini peristaltiche”, perché invita a una “visione armillare”, ossia una visione che vede nel ruotare delle sfere non celesti, ma delle frammentate classi politiche, una logica precisa; segreta ai più come lo era ai tempi del successo di queste macchine di legno e di preziose leghe metalliche che servirono ai primi astronomi per delineare il corso delle stelle attorno al Sole oppure attorno alla Terra, a seconda delle scuole astronomiche a cui facevano riferimento. Tirabassi ci invita a far la stessa cosa e quindi a scoprire il segreto del movimento delle sfere parlamentari (ed ecco un giro), burocratiche (ed ecco due giri), dei gruppi di interesse (ed ecco tre giri), delle società politiche (ed ecco quattro giri – e qui mi riferisco a quelle galassie definite dal Maestro Paolo Farneti come “ciò che sta a mezzo tra società civile e sistemi dei partiti, tra subculture e oligarchie di partito e di ceto e di apparato statuale postosi al servizio” di codeste sfere prima citate).
E poi vi sono le sfere sovra-celesti, ossia del cielo arcano che Federico Chabod definiva “quel concerto di relazioni internazionali che preformano le vite politiche nazionali” e che in Italia sono contrassegnate dallo sgretolamento successivo della legittimazione della tecnocrazia europea a direzione teutonico-francese. Come? Ma con la nomina della von der Leyen che rimpannucciava la sconfitta merkeliana subita con la mancata nomina di Manfred Weber (Csu e per questo essenziale per la rielezione al cancellierato del successore della Merkel sulla base della volontà… della Merkel) e la nomina di Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo. Per non parlare dei fallimenti ripetuti dei suoi delfini nazionali alla testa della Cdu con la fine della Kramp Karrenbauer e l’insediamento stentato con pochi margini del mite e ultramerkeliano Armin Laschet alla guida della Cdu, mentre sempre più difficile si fa l’ipotesi di un suo (di Laschet) cancellierato.
Ma la sfera armillare ci fa vedere – tramite le colonne non dei sovranisti, ma de L’Economist – che a esser posta in ridicolo e al ludibrio è la politica vaccinale dell’Unione Europea, sprofondata nel burocratese inefficace, mentre i russi – che non abbeverano più i cavalli a San Pietro – espongono sulle bancarelle lo Sputnik, e la Cina, anche se l’ex ministro Tria si fa banditore delle glorie di Xi Jinping con pubbliche iniziative online mai desistendo dal maoismo della giovinezza (l’invidio per questa sua eterna giovinezza!), è in ritirata dopo l’azione del premier Mario Draghi diretta a rintuzzare le troppe simpatie cinesi dei grillini, in perfetta sintonia con chi ama la patria (come il sottoscritto). Grillini che persistono e persisteranno, del resto, sinché Grillo non si ritirerà in buon ordine sotto l’ala di un soft power meno invadente.
Insomma, le sfere dei globi che s’intersecano, ci raccontano – anche in questa situazione di putrescenza della vita politica europea e non dell’Idea di Europa (come ci insegna il sempre imperituro Federico Chabod): guardate alla Spagna con la Catalogna paralizzata dalla lotta ideologica amico-nemico con i leader indipendentisti che partecipano alla lotta politica in libertà condizionata, per poi ritornare in carcere appena finite le schermaglie elettorali, mentre Puigdemont continua a dirigere la partita dal Belgio, esiliato come i nostri profeti mazziniani del Risorgimento (che non conosce naturalmente più nessuno) – l’influenza rotatoria crescente degli Usa, incardinati con la sfera multipla a plurime entrate della Nato con i servo meccanismi che il ministro Guerini non cessa per fortuna un attimo di sorvegliare, mentre Draghi si appropria con “silenzio vigile” della sfera delle relazioni con l’Europa, facendo cadere nell’oblio il ministro precedente che era seduto su una sfera pericolante del girone parlamentare: quel Pd che si avvia a veder smontare da se stesso tutte le viti armillari nonostante l’appello di Goffredo Bettini, il quale si ostina a parlare di politica e non di agitazione e propaganda ai suoi stessi seguaci, ma senza essere né sentito né invitato a una vera e propria presenza parlamentare, che aiuterebbe le sfere a ritornare su quell’emisfero e di nuovo a ruotare con meno oscillazioni.
La cosa grave è che il globo armillare fa tracimare nel nulla l’intersezione tra le sfere planetarie dell’industria e dell’energia predisposte dal politico Draghi, che si fa guidare nella comunicazione da un politico puro che è un comunicatore sì, certo, diverso dall’esponente del mondo dei profughi delle isole televisive, ma che sempre un politico è e per nulla è un tecnico. Quindi la sfera a poco poco riappare per quello che è: una serie di sfere che di tecnico hanno solo l’esser popolate da tecnici fidati amici – certo competenti – del primo ministro, così continuando un’orbita ormai secolare della vita politica italiana. Dicevo dell’energia: i comunicatori, e solo i comunicatori, possono indurre a fare ciò che si è fatto governativamente (mi si passi lo scrivere stilisticamente sporco che vuol nascondere la tristezza insieme allo stupore): un tecnico come Davide Tabarelli, per esempio, il più bravo studioso di energia che abbiamo in Italia con Alessandro Lanza, non avrebbe mai separato dal ministero dello Sviluppo economico l’energia, per affidare tale competenza importantissima proprio per la transizione energetica (ma di che cosa parliamo?) al neonato ministero ecologico: ma il neo primo ministro ha nominato forse… un tecnico, almeno così mi si dice.
Può darsi che, salvo casi che si contano su due dita, gli altri nobili amici tecnici e non politici siano stati indicati dall’altro demiurgo delle sfere internazionali che si intersecano con il plesso sferico nazionale, e che tutti gli italiani amano e rispettano, incarnando con la sua persona la più alta carica dell’Italia stessa.
Non dimentichiamo, a proposito di intersezioni, ciò che in Argentina sta succedendo nella sfera planetaria che dai cieli profondi la tocca in forme assai sempre più simili ai nostri gironi astrali. In quella terra tanto amata e ormai tanto simile alla bella Italia, anche lì un uomo di grande prestigio internazionale (inferiore certo a quello di Mario Draghi, ma ogni nazione fa ciò che può con le sue intersezioni astrali), ossia il giovane ministro dell’Economia discepolo del Premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz: Martin Guzmán, il quale è uno specialista nella ristrutturazione del debito sovrano ed è l’autore intellettuale della decisione con il maggiore impatto all’inizio del governo Fernández: non saranno richiesti più fondi al Fondo monetario internazionale e il debito sarà rinegoziato per evitare di pagare almeno per due anni sia per il capitale, sia per gli interessi. Una decisione coraggiosa, audace, impeccabile teoricamente e che sta dando buoni frutti in una condizione di governo impossibile per molti. “Ma il calabrone che non vola eppur vola!”, diceva il mio carissimo e compianto amico Guido Di Tella, grande economista, grande antifascista e grande cattolico e grande ministro sia dell’Economia sia degli Esteri di un’Argentina che continua a resistere solo per le immense risorse intellettuali di cui dispone. Possiamo farcela anche noi, dunque. Basta avere, però, coraggio e verità.
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