C’è un paradosso che si cela sotto mentite spoglie, quello che ruota attorno alla questione dell’etica. Nelle vicende dell’economia sembra intromettersi in due modi; nel secondo sta quel che non t’aspetti. Dunque, se vado tre giorni a Bruxelles debbo prendere prima l’aereo, poi il taxi, infine l’albergo. Questo mi costa; devo scegliere poi spendere. Qui mi assale una vocina: sei disposto a sacrificare il tuo tornaconto o vai dritto a risparmiare?
Già, Alitalia o Ryanair; taxi o Uber, albergo o Airbnb? Quella vocina insiste: se vuoi solo risparmiare l’Alitalia resta a terra, i tassisti restano a casa, gli alberghi chiudono. Ci penso su poi sbotto. D’accordo se voglio esser solidale, a spese mie, posso; se non sono solo ma lo fanno tutti so’ cacchi. Sì, perché tutti insieme promuoviamo l’inefficienza, mal usiamo il denaro che abbiamo in tasca, domandiamorevolmente e… per l’amordiddio, mi fermo qui.
Anzi no, che fine farà chi avrà fatto volare pure quelli che non volavano e chi ci avrà fatto guadagnare, scarrozzando il nostro deretano in giro spendendo meno e, ancora, chi ci avrà aperto una porta ospitale offrendo un divano, una stanza o la dependance a prezzi modici? Beh, quest’esser solidale fa male; confisca quelle produttività che competono sul mercato migliorando il tenore del vivere di chi ne approfitta.
Chi potrebbe approfittarne? Beh chi, nel farlo, avrà aguzzato la domanda; potrà spender meno per poter migliorare il potere d’acquisto e non dover più compatire la propria insipienza. Essì vocina che mi abiti, quando il mio tornaconto coincide con quello di tutti, faccio bingo; incasso/iamo il premio; risplende pure la nobiltà di un’etica sottratta a quella aristocratica minorità che la esilia dall’ambito economico.
Regole insomma, non quelle di uno Stato etico fatte per regolare l’esistenza di tutti; quelle non scritte della responsabilità, invece, per garantire il tornaconto economico di questi tutti; pure del mio.