Scontri a Erevan, capitale dell’Armenia, dopo che il capo di stato maggiore e 40 alti ufficiali dell’esercito hanno chiesto le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, colpevole, secondo loro, della sconfitta militare nella recente guerra contro l’Azerbaijan. Come ci ha detto il generale Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista, “l’esercito sfrutta il malcontento popolare, già emerso dopo la sconfitta, e il nazionalismo acceso degli armeni, infuriati per il supporto turco offerto all’Azerbaijan, accusando il governo di averli portati alla sconfitta”. Pashinyan ha convocato in piazza i suoi sostenitori, circa 20mila persone, mentre il leader dell’opposizione, Vazgen Manukyan, ha fatto altrettanto bloccando la strada che porta al Parlamento con l’intenzione di costringerlo a votare la destituzione del primo ministro. In questo quadro, come anche durante la recente guerra, quello che manca è un intervento chiaro di Mosca, legata da sempre storicamente e religiosamente all’Armenia: “La Russia è già sovraesposta in molte parti, dalla Siria alla Libia, e soprattutto non ha intenzione di andare contro Erdogan, perché così può indebolire l’intero fianco sud della Nato”.
Gli alti ufficiali dell’esercito armeno chiedono la destituzione del primo ministro. Chi sono e cosa li muove?
Rappresentano una fazione delle forze politiche armene contrarie al governo.
Che fazione è, si sa che tendenza politica rappresenta?
In Armenia sostanzialmente non ci sono tendenze politiche, ma domina il nazionalismo. Il popolo armeno è infuriato per il fatto che la Turchia si sia mossa a favore dell’Azerbaijan negli ultimi scontri e che la Russia non l’abbia bloccata, tenendo peraltro conto che Mosca ha delle guarnigioni permanenti in Armenia.
Davanti alle notizie che stanno arrivando il Cremlino ha dichiarato che sono affari interni armeni. Anche durante l’ultima guerra è sembrato che la Russia prendesse le distanze da Erevan. È così?
La Russia è sovraesposta in molti teatri operativi, a partire da Siria, Libia e adesso anche Sudan con una base nel Mar Rosso. Per la Russia la cosa fondamentale è l’accordo con la Turchia: vuole mantenere buoni rapporti con Erdogan, perché così indebolisce l’intero fianco sud della Nato. Tra l’Armenia e l’Azerbaijan preferisce stare con quest’ultimo, perché l’Azerbaijan è molto più forte economicamente e ha una maggiore stabilità. Il regime azero è un ex regime comunista, quasi monarchico, in cui l’attuale presidente cerca di legarsi maggiormente alla Russia, che considera una sorta di baluardo. E poi perché l’Azerbaijan si sente sempre minacciato dall’Armenia, dove la popolazione per il 20% è azera.
Il governo, dopo la sconfitta, aveva criticato i militari per l’utilizzo dei missili russi Iskander durante il conflitto e da qui è cominciato lo scontro interno. È possibile che i russi abbiano venduto armi non efficienti all’Armenia?
L’Armenia fa parte degli accordi militari della Comunità degli Stati Indipendenti e anche della Csto, che sarebbe l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, un’alleanza difensiva creata nel 1992 da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti, una specie di Nato russa cui partecipano il Kazakistan e repubbliche centro-asiatiche. È un’alleanza che praticamente non ha funzionato. Più che armi non funzionanti direi che ha ragione il governo a dire che sono stati i militari a non saperle usare.
L’esercito riuscirà a prendere il potere?
L’esercito ha la forza per utilizzare la frustrazione del popolo armeno e di conseguenza il patriottismo anti-turco. L’esercito è un punto di riferimento dell’opinione pubblica. Anche se i militari prendessero il potere, la situazione strategica non cambierebbe con un colpo di Stato, anzi ritengo che la presenza militare russa ne esca rafforzata.
Ma con i militari al potere non c’è il pericolo di una nuova guerra con l’Azerbaijan?
Non credo, perché non hanno la forza per affrontarla, considerato l’attivismo della Turchia. Erdogan sa come impiegare la forza a sostegno dei suoi obbiettivi politici, lo ha già dimostrato diverse volte.