La situazione covid in Alto Adige è alquanto paradossale. La regione all’estremo nord est della nostra penisola è quella dove vi è la più alta percentuale di persone vaccinate, leggasi 4.17%, e dove sono stati vaccinati il maggior numero di over 80; peccato però che nel contempo si sia registrato un incremento di casi covid del 6.1% rispetto ad una settimana fa, e con una percentuale di posti letto occupati da malati covid vicina al 50%. «Dopo 4 settimane di stabilità nel numero dei nuovi casi – le parole di Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, parlando con Altoadige.it – si rileva un’inversione di tendenza con un incremento che sfiora il 10%, segno della rapida diffusione di varianti più contagiose. Secondo le nostre analisi – continua ancora Cartabellotta – l’incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente è l’indicatore più sensibile per identificare le numerose spie rosse che si accendono nelle diverse Regioni».
Stando a quanto spiega Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe, i dati dell’ultima settimana confermano che per evitare un lockdown rigido, è necessario «Introdurre tempestivamente restrizioni rigorose nelle aree dove si verificano impennate repentine. Temporeggiare in attesa dei risultati del sequenziamento o di un consistente incremento dei nuovi casi è molto rischioso perchè la situazione rischia di sfuggire di mano».
IN ALTO ADIGE CONTAGI SU NONOSTANTE VACCINI: IL PUNTO DI CARTABELLOTTA
C’è poi da fare fronte con la questione vaccini, con le dosi consegnate che sono progressivamente diminuite nelle ultime settimane: «Una riduzione di tale entità – commenta a riguardo Cartabellotta – se da un lato è imputabile ai ritardi di produzione e consegna da parte delle aziende, dall’altro risente di irrealistiche stime di approvvigionamento del Piano vaccinale originale». «Non a caso – spiega Gili – è stato somministrato solo il 14% delle dosi di AstraZeneca, destinate a persone “fuori” da ospedali e RSA come insegnanti e forze dell’ordine di età <65 anni». Cartabellotta invita quindi il governo Draghi ad un’inversione di tendenza, incrementando le forniture «lavorando ad accordi vincolanti tra Europa e aziende produttrici ed eventuale produzione conto terzi in Italia, oltre ad accelerare le somministrazioni attraverso uno stretto monitoraggio regionale per identificare eventuali criticità». In secondo luogo, sarà compito delle Regioni agire con tempestività nell’applicare le zone rosse locali «Infine – conclude il numero uno della Gimbe – Governo e Regioni devono concertare una programmazione di riaperture a medio-lungo periodo, condividendo con la popolazione obiettivi realistici per un graduale ritorno alla normalità, evitando di fissare scadenze illusorie, perché l’agenda del Paese è ancora dettata dal virus».