Una grande filosofa e pensatrice del Novecento come Hannah Arendt sapeva rendere semplice un concetto difficile e non immediato: lo ricorda lo psicoterapeuta Claudio Risé nel suo “Sguardo Selvatico” della domenica su “La Verità”, citandola direttamente pensando ad un parallelo con la realtà attuale «In quanto noi tutti abbiamo bisogno di pane. siamo già in realtà un’unica cosa, e possiamo benissimo unirci in un solo corpo».
Nella pandemia più piena, nella crisi economica che non molla l’Italia e l’Europa, in una dinamica di costante scontro tra chi vorrebbe chiudere l’intero Paese in lockdown e chi invece chiede a gran voce un ritorno ad una “pseudo” normalità, Risé riesce a cogliere un punto inedito di osservazione rispetto al mainstream dominante: «Occorre ora dire le cose come davvero stanno: malissimo. Oggi è ormai finalmente possibile dirlo proprio per- ché siamo sull’orlo di una crisi economica straordinariamente grave, dove “fame” non è più un modo di dire, ma una condizione che riguarda un numero sempre maggiore di persone come lo stesso premier Mario Draghi ha ricordato». Con una prima importante critica all’ex Premier Conte, lo scrittore e professore sottolinea «la fame, a differenza delle parole vuote e dei presidenti con fazzolettino iperpiegato, come ogni verità forte porta dritto alla verità».
L’ERRORE POLITICO DA NON RIPETERE
Da dove dunque ripartire per la ricostruzione del Paese in un clima di così grigiore economico, sociale e comunitario? Proprio da quanto diceva la Arendt, da quell’unità che solo le grandi emergenze possono risvegliare: «Non c’è aspetto che riunisca di più del rischio di non sopravvivenza fisica di un popolo». Per questo è stato chiamato Draghi e da questo riparte il Presidente del Consiglio in queste prime settimane dopo l’insediamento: «Solo l’arrivo di Draghi ha permesso, dopo pochi giorni, a stampa e a politici di prima fila di scoprire che l’Italia e le forze politiche fino a ieri al governo non avevano nessun piano industriale, andavano avanti più o meno a seconda degli impulsi delle varie clientele», sottolinea ancora l’autore dello Sguardo Selvatico.
Non aver colto fin dall’inizio la gravità della pandemia e averla poi gestita in maniera pessima, ribadisce Risé, è una colpa gravissima che va imputata al precedente esecutivo: «I nostri politici avevano altre urgenti battaglie: dovevano occuparsi dell’odio fascista, o del decreto Zan, o altre non rinviabili emergenze». Con Draghi al timone, seppur la realtà non possa trasformarsi di colpo in totale positività, Risé si dice convinto «di fronte al rischio della morte per fame, e a un presidente sufficientemente forte e competente da osare dichiararlo, è possibile e doveroso creare un’unità nazionale che eviti il disastro». Tornando ad Hannah Arendt le sue parole attualissime ancora oggi scandiscono il prossimo obiettivo da perseguire, «La libertà può essere perseguita soltanto da coloro che non hanno fame […] grande errore è perdere tempo e energie preziose per inseguire il mito di stati sociali che poi finiscono sempre con sfociare in strutture autoritarie o dittatoriali».