Per fare il salto di qualità nella campagna vaccinale bisogna organizzarsi con almeno 500 mila dosi giornaliere, parola di Giuseppe Remuzzi. Intervenuto ai microfoni del Corriere della Sera, il direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha invocato un’unica regia a livello centrale, con il coinvolgimento di Protezione civile ed Esercito, per vaccinare «in grandi posti come palestre, palazzetti dello sport, teatri che regioni e comuni potranno mettere a disposizione. L’Esercito può costruire in poche ore strutture mobili come quelle utilizzate dopo un terremoto o un’alluvione».
Giuseppe Remuzzi si è poi detto favorevole alla monodose per ragioni tecniche e pratiche – «che sia chiaro, il richiamo va fatto, il punto è quanto presto» – per poi soffermarsi sul vaccino Astrazeneca: «Un lavoro appena pubblicato in Scozia che ha studiato 5,4 milioni di persone ha evidenziato che la prima dose Pfizer è stata associata a un’efficacia dell’85% mentre la prima dose di AstraZeneca a un’efficacia del 94% tra i 28 e i 34 giorni dopo la prima dose, anche in chi ha più di 80 anni con patologie come obesità, diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari o precedenti malattie respiratorie che sappiamo espongono a maggior rischio di morte».
GIUSEPPE REMUZZI: “IL VACCINO RUSSO SPUTNIK CI SERVE”
Giuseppe Remuzzi ha poi parlato del vaccino russo Sputnik e non ha dubbi: ne abbiamo bisogno. L’esperto ha rimarcato che l’efficacia del farmaco sfiora il 94% e la sicurezza la osserviamo con l’alto numero di vaccinati in tutto il mondo. «Va fatta l’analisi di conformità delle strutture produttive tenendo conto che gli ispettori non possono pretendere che un vaccino prodotto in Russia o in Cina sia creato da macchine con marchio CE. Quando il prodotto sarà validato dall’Ema mi auguro che Aifa arrivi all’approvazione in pochi giorni», ha aggiunto. Infine, una battuta sul vaccino italiano di Reithera: «Vale ancora la pena puntarci? Se davvero fosse pronto a giugno è un conto, ma se lo fosse a dicembre potrebbe non servire più, e non sarebbe il primo caso».