Vi sono due temi di grande importanza, forse quelli di maggiore importanza, che sono tuttavia per lo più poco o non adeguatamente trattati nel dibattito politico e intellettuale in Italia. Intendo quel dibattito che fa uso di strumenti di comunicazione come Facebook, ma anche della televisione e dei giornali. Si tratta del tema della produzione della ricchezza e del problema demografico. Può essere utile capire perché non siano trattati come si dovrebbe. Evidentemente perché non sono facili da trattare soprattutto in Italia. E questo anche perché mancano sempre più luoghi dove collaborano fianco a fianco e fattivamente persone che svolgono diverse professioni e vivono diverse condizioni.
Il primo tema è quello della produzione della ricchezza e del modello di sviluppo economico più adeguato. Eppure si sa che l’Italia da decenni non cresce più. E la pandemia ha aggravato una situazione già difficile. A questo tema, quando si parla di economia, si preferisce quello della più equa distribuzione della ricchezza. Il tema della produzione pare meno facile da affrontare, per il fatto che indubbiamente sembra difficile trovare una soluzione perfetta. E si sa che gli intellettuali da Platone in poi amano le soluzioni perfette. Infatti la crisi del modello capitalista appare manifesta soprattutto dopo l’emergere del problema ecologico. Ma questa crisi viene a sua volta dopo la crisi dell’economia statalizzata dei paesi comunisti e i numerosi dubbi sulla reale sostenibilità di una “decrescita felice”.
In sostanza: non sembra esserci una soluzione economica perfetta, ma solo una strategia di piccoli passi che valorizzi, per esempio, il ruolo della dimensione comunitaria e solidaristica già nella stessa produzione della ricchezza. E questo certo disturba chi ama una soluzione facile e teme di sporcarsi le mani, non essendo abituato ad alcuna forma d’intrapresa economica.
A ciò si aggiunge spesso una diffidenza di lunga data proprio nei riguardi dell’intrapresa economica. In sostanza molti intellettuali e politici sembrerebbero dire: della produzione della ricchezza – tema difficile e un po’ sporco – non ce ne occupiamo. Al massimo della sua distribuzione una volta prodotta. Per il resto lasciamo volentieri il problema ad altri.
Il secondo tema particolarmente urgente, certo non privo di connessioni con il primo (si pensi al fatto che il miracolo economico ha coinciso con una forte crescita della popolazione) è quello della denatalità e del modo di affrontarla. Di fronte a questo problema sembra o che non si sia capaci di percepirlo nella sua gravità sotto il profilo umano, culturale ed economico o che si sia del tutto impotenti ad affrontarlo. Si vorrebbe quasi metterlo in stand-by, pur non essendo possibile farlo. Perché?
Vi sono ragioni economiche e culturali. Difficile in una democrazia occidentale una politica che pensi fattivamente, come sarebbe necessario, alle future generazioni senza una visione di lungo respiro e senza una forte carica ideale, soprattutto quando la maggior parte dei potenziali elettori fa parte di nuclei famigliari costituiti da poche persone in buona parte anziane. Ciò significherebbe, infatti, spostare fondi da questi alle famiglie con figli e madri che lavorano e ai giovani. Demandare la soluzione del problema all’emigrazione, come talora si è suggerito, non basta. A parte che fa sorridere il fatto che in una democrazia si demandi la generazione della vita soprattutto alle classi più svantaggiate.
La cosa appare tanto più strana perché lo stesso femminismo, che è direttamente interessato al tema, spesso non ha aiutato ad affrontare il problema in maniera adeguata perché non sempre ha identificato nell’aiuto economico alle donne che lavorano e hanno figli il tema cruciale per favorire la loro affermazione sociale, preferendo battaglie anche giuste ma più facili o più “di bandiera” e meno economicamente costose sui diritti civili o sulle quote rosa. E questo diversamente dalle politiche di sostegno alle famiglie con figli attuate da Merkel e Von der Leyen in Germania.
A ciò si è aggiunto sul piano ideologico il ricatto rappresentato da un malinteso ecologismo favorevole alla denatalità (ma di fatto solo per l’Occidente benestante) e dal dato storico che una politica favorevole alle nascite è stata sostenuta spesso, ma non solo, dai totalitarismi di destra e dalla Chiesa cattolica. Affermando che avere figli “è bello” si teme forse di ritornare al fascismo o alla tradizionale visione cattolica della vita, insomma di cadere in una forma di moralismo di cui le donne sarebbero le prime vittime. Ma evidentemente queste non sono nel complesso buone ragioni. Nel frattempo dopo la pandemia la denatalità con i suoi problemi cresce ulteriormente e la crisi economica pure. E si parla di un debito che dovranno pagare in futuro i nostri figli e nipoti che sono sempre meno.
In sostanza: spesso in Italia i difficili problemi di una “buona” produzione della ricchezza e della generazione dei figli si è preferito demandarli ad altri. Il futuro è un lusso che non possiamo più permetterci. Meno male che nel suo discorso al Senato il nuovo Presidente del Consiglio ha fatto direttamente o indirettamente cenno a questi due temi cruciali.
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