Marco Giallini torna in tv con la quarta stagione di Rocco Schiavone, la popolare serie televisiva in onda da mercoledì 17 marzo 2021 su Rai2. C’è grande attesa per i nuovi episodi del burbero vicequestore trasferitosi ad Aosta da Roma. Un personaggio che ha fatto della romanità il suo punto di forza al punto da diventare un vero e proprio beniamino per il pubblico televisivo. La conferma arriva dagli ascolti della serie che non hai mai deluso le aspettative. Alla vigilia della prima puntata della quarta stagione, l’attore si è raccontato dalle pagine de La Repubblica rivelando: “ritrovare Schiavone è come stare a casa, indossare quegli indumenti è una consuetudine. È come se, tra un film e l’altro, lo ritrovassi, è un mio punto di fermo. Come Schiavone mi piace ritrovare la stessa gente, io mi lego molto alle persone con cui lavoro, a Simone Spada in questo caso. Mio figlio Rocco ha lavorato nel backstage, studia cinema. Abbiamo già lavorato insieme nei video dei Tiromancino”. Parlando poi del successo del suo personaggio ha aggiunto: “la mia romanità l’hanno trovata gli altri, questo personaggio è cosi. Poi ho fatto tanti altri personaggi. Si parla tanto della romanità, ma non hai mai sentito dire a un milanese che ha una milanesità forte”.
Marco Giallini: il ricordo di Arnoldo Foà
Non solo attore, Marco Giallini recentemente si è anche lanciato nelle vesti di conduttore nello show “Lui è peggio di me” trasmesso su Rai3. Il cinema e la recitazione restano però la sua grande passione come ha raccontato a La Repubblica. Parlando proprio dei suoi esordi, Giallini ha ricordato quanto sia stato importante l’incontro con Arnoldo Foà: “ho cominciato a Roma, a teatro, ho lavorato con Arnoldo Foà, ma ho recitato anche Adelchi e Romeo e Giulietta. Quando io non sapevo neanche chi fosse, Foà, che abitava vicino a casa nostra, aveva chiesto ‘Di chi è ‘sto basilico?’, lo coltivava mamma, le foglie erano grandi come un banano. Lei gliene regalò un po’. Una volta andammo a pranzo dal cinese, eravamo a Palermo. Entrammo dal cinese, mi disse: ‘Ti offro un pranzo’, si mise a leggere la Repubblica e non mi disse una parola. Però mi fece un ritratto a penna: questo è il ricordo di Arnoldo”.