Una parte consistente del processo di impeachment contro Donald Trump – assieme all’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill – si fondava sulla telefonata in cui l’ex Presidente Usa avrebbe fatto pressioni, ricattando e minacciando il procuratore (repubblicano) della Georgia Brad Raffensperger affinché mentisse per trovare voti sufficienti a ribaltare la sua sconfitta alle Elezioni Usa contro Joe Biden. Ebbene, era tutto falso: o meglio, la telefonata ci fu davvero ma non andò come il Washington Post raccontò nell’esclusiva mondiale che assestò un colpo di grazia importante al tycoon del Gop sul fronte politico, mediatico e giudiziario.
È lo stesso quotidiano americano a ritrattare (qui il link completo) quel colloquio intercorso ad inizio gennaio tra Trump e Raffensperger: erano i giorni dello scontro fortissimo sulle presunte frodi elettorali, con Trump che non ammetteva la sconfitta da Biden e che portò poi pochi giorni dopo all’assurdo assalto del Campidoglio come estremo atto di contestazione (indegna, ndr). Servono però 3 mesi per arrivare a scoprire che la parte centrale di quell’audio giunto in mano al WP – dove Trump avrebbe chiesto di «trovare le frodi» – non era mai avvenuta. Il quotidiano liberal ha accusato le sue fonti della falsificazione della trascrizione.
LA REAZIONE DI TRUMP
In Italia è solo l’Agenzia Nova ad aver riferito l’importante correzione data dal Washington Post al proprio stesso scoop, che risulta così decisamente ridimensionato rispetto al gran clamore iniziale: silenzio quasi totale sui media, differentemente dagli Stati Uniti dove la notizia ha fatto sobbalzare l’opinione pubblica, con lo stesso Donald Trump che non ha perso l’occasione per ribadire quanto aveva sempre sostenuto in merito alla telefonata con Brad Raffensperger. «E’ ora che altri media correggano la loro copertura fraudolenta di questa storia. Sapete di chi sto parlando», ha fatto sapere l’ex Presidente in una nota ufficiale, «Nonostante io apprezzi la correzione della ‘Washington Post’, che chiude immediatamente la caccia alle streghe georgiana, la storia è stata un falso sin dal principio».
Secondo Donald Trump l’errore ammesso non basta a ribaltare del tutto la vicenda: il tycoon torna così a ribadire quanto già spiegato in quella famosa telefonata, «Apprezzerei una indagine credibile della contea di Fulton, in Georgia, e della macchina politica di Stacey Abrams (leader del Partito democratico di quello Stato), che ritengo abbia mutato completamente il corso delle elezioni presidenziali in Georgia». Da ultimo, Trump punta l’indice contro i media americani su larga scala: «Noterete che gli errori, le omissioni, gli sbagli e le vere e proprie menzogne dei grandi media virano sempre in una direzione: contro di me e contro i Repubblicani. Le notizie che danneggiano i Democratici o che minano le loro narrative vengono invece insabbiate, ignorate o rimandate sino a renderle inoffensive, per esempio sino a dopo le elezioni».