Tutti assolti perché il fatto non sussiste: dopo anni di processi e accuse anche a livello mediatico, la presunta tangente da 1,092 miliardi di dollari risulta che non fu mai pagata da Eni e Shell al Governo della Nigeria e ai vari intermediari. Assolti dunque tutti i 13 imputati, non solo Descalzi e Scaroni: Roberto Casula, ex capo divisione esplorazioni di Eni, Vincenzo Armanna, ex vicepresidente di Eni Nigeria, Ciro Antonio Pagano ex managing director di Nae, Emeka Obi e Luigi Bisignani, considerati intermediari dell’operazione di esplorazione sul blocco Opl245.
«Siamo molto contenti. La centralità del dibattimento in questo caso si è riconfermata», spiega dopo la sentenza di Milano l’avvocato di Paolo Scaroni, «La tesi della pubblica accusa è stata verificata in un dibattimento che è durato tre anni ed evidentemente è stata ritenuta non fondata, cosa che noi abbiamo sempre ritenuto». Da ultimo, chiosa l’avvocato Enrico de Castiglione, «Scaroni è sempre stato assolto e sempre con formula piena in tutti i gradi di giudizio. Dodici anni. Sono molto contento e sarà contento anche lui». Da ultimo, l’avvocato di Eni Nerio Diodà commenta all’Adnkronos «E’ un esito che garantisce a tutti una giustizia equilibrata. Abbiamo sempre avuto fiducia nei giudici».
ASSOLTI TUTTI NEL PROCESSO ENI-NIGERIA
Sono stati assolti con formula piena i vertici dell’Eni Claudio Descalzi e Paolo Scaroni (amministratore delegato ed ex ad) per il processo sulla presunta tangente pagata per l’acquisizione del blocco OPL 245 in Nigeria. La sentenza, letta in aula dal giudice del Tribunale di Milano Marco Tremolada, arriva a più di tre anni dall’inizio del processo e dopo un totale di 74 udienze: «il fatto non sussiste» e si chiude così il “processo del secolo” come era stato dipinto alla vigilia. «Finalmente a Claudio Descalzi è stata restituita la sua reputazione professionale e a Eni il suo ruolo di grande azienda», è il commento di Paola Severino, avvocato difensore di Descalzi commentando la sentenza milanese. Anche Eni e Shell, le due compagnie petrolifere imputate in quanto enti nel processo, sono state assolte.
VERSO LA SENTENZA ENI
È attesa per oggi pomeriggio la sentenza sul processo Eni-Nigeria in merito alla presunta tangente che l’azienda italiana avrebbe pagato nell’acquisizione della licenzia per esplorare l’OPL 245, un ingente tratto di mare al largo della Nigeria. Secondo quanto riportato da LaPresse, i giudici del Tribunale di Milano sono riuniti in camera di consiglio e dopo le 17 dovrebbe giungere la definitiva sentenza su quello che la Procura milanese ha definito «il più grande caso di corruzione internazionale della storia».
L’accusa contesta ai vertici di Eni e della compagnia petrolifera Shell il reato di corruzione internazionale, compresi anche i vari intermediari e l’ex Ministro del Petrolio in Nigeria, Dan Etete, per l’acquisizione della licenza del blocco petrolifero. Il periodo di tempo interessato dal maxi processo parte nel 2009 e si esaurisce nel 2014, con una tangente che per l’accusa ammonterebbe a 1,1 miliardi di dollari, pagato dalla Eni alla Malabu tramite il governo nigeriano. Sempre la Procura di Milano ipotizza la retrocessione di una parte della tangente anche dal vantaggio di alcuni manager della stessa azienda italiana tra le più importanti al mondo.
PROCESSO ENI-NIGERIA, COME FINIRÀ
«Riteniamo che il processo abbia dimostrato l’inconsistenza dell’ipotesi accusatoria e dell’estraneità del mio assistito», ha spiegato a poche ore dalla sentenza l’avvocato di Paolo Scaroni (ex amministratore delegato di Eni, imputato nel processor) Enrico De Castiglione. Con il Presidente del Milan si trova “alla sbarra” anche l’attuale ad di Eni Claudio Descalzi che si professa innocente come l’intera filiera Eni. Secondo l’accusa della Procura, 300 milioni di dollari della maxi tangente sarebbero andati al governo nigeriano, mentre il restante quasi miliardo (840 milioni di euro) sarebbe stato usato per corrompere politici e intermediari: chiesti 8 anni di carcere per Scaroni e Descalzi, il massimo della pena, e 10 anni per Dan Etete, ministro del Petrolio nigeriano fino al 1998.
Il “processo del secolo” come è stato ribattezzato vede una conclusione alquanto difficile da ipotizzare, con le lunghe testimonianze addotte da difesa e accusa che potrebbero portare a un esito tutt’altro che “prevedibile”. Con un vasto capitolo sul portale online di Eni, la società ha ricostruito con tutti i documenti integrali del processo la propria posizione di assoluta innocenza: «l’acquisizione del Blocco OPL 245 da parte di Shell ed Eni è stata oggetto, fin dal 2011, di ricostruzioni non corrette e speculative. In particolare, sono almeno 7 i punti non corretti formulati sia dalle ONG firmatarie degli esposti alla Magistratura e alle Autorità di vigilanza sia da alcuni organi di informazione. Con queste interpretazioni si vorrebbe negare la correttezza e la trasparenza di Eni. Nell’esposizione che segue, sarà dimostrato attraverso dati oggettivi e documentali come Eni abbia operato nel pieno rispetto delle leggi e delle procedure aziendali» (qui il plico di tutti i documenti).