Forte di 80mila imprese certificate e quasi 2 milioni di ettari di superficie agricola coltivata, il biologico si candida a diventare una punta avanzata della transizione ecologica italiana. E lo fa per voce di Federbio che nei giorni scorsi è scesa in campo per sostenere le ragioni del settore presso i Ministeri della Transizione ecologica e delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Azioni comuni a favore dell’agroecologia
La Federazione, che rappresenta l’intera filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, ha indirizzato una missiva al Ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani esprimendo il proprio sostegno verso i capisaldi che quest’ultimo ha indicato per il proprio mandato, tra i quali emerge in particolare l’importanza di ridurre il consumo di carne da allevamenti intensivi. Federbio promuove infatti da sempre un modello alimentare basato sulla dieta mediterranea, divenuta patrimonio dell’Unesco e basata su alimenti biologici con il giusto apporto di carne proveniente da allevamenti sostenibili.
“Abbiamo scritto al Ministro Cingolani – afferma Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio – per comunicargli la massima disponibilità a collaborare in un’ottica di sviluppo dell’agroecologia e di sistemi alimentari più equi e sostenibili in linea con gli obiettivi del Green Deal e delle Strategie Ue Farm to Fork e Biodiversità che puntano a incrementare del 25% le superfici coltivate a biologico e a ridurre del 50% l’uso dei pesticidi entro il 2030. Se supportato adeguatamente dalle risorse previste dal Recovery Plan, dal Piano strategico nazionale (Psn) a seguito della riforma della Politica Agricola Comune, il biologico può diventare davvero la punta più avanzata della transizione ecologica italiana, incentivando il rafforzamento del sistema agroalimentare e la ripresa economica del Paese. L’emergenza sanitaria ha evidenziato lo stretto legame tra la salute dell’uomo e quella dell’ambiente, quindi la necessità dell’adozione di paradigmi più sostenibili nelle filiere produttive. Speriamo di avere presto l’occasione di incontrare il Ministro Cingolani per approfondire il contributo concreto che il biologico può offrire al processo di transizione ecologica dei sistemi agricoli e zootecnici. Mettiamo a disposizione del Ministero appena costituito l’esperienza, le buone pratiche e la rilevanza anche internazionale del settore biologico italiano che riteniamo imprescindibile per le politiche di transizione ecologica”.
Plauso all’evoluzione normativa
Federbio ha anche dichiarato il proprio appoggio al Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Stefano Patuanelli che pone il biologico tra i punti chiave dell’azione del suo Ministero. “Riteniamo molto positivo ed equilibrato – dichiara Mammuccini – il programma del Ministro Patuanelli che punta sulla transizione agroecologica, valorizzando così la leadership dell’Italia nelle produzioni biologiche. Ci sembra particolarmente rilevante che il Ministro abbia sottolineato l’importanza della ricerca e dell’innovazione, e abbia posto l’accento sulla necessità di contare su filiere trasparenti, grazie anche alla digitalizzazione e al consolidamento dei controlli sui prodotti biologici che arrivano dall’estero, considerando il rischio che la forte domanda dei consumatori italiani sia coperta da prodotti di importazione a scapito del bio Made in Italy. Riteniamo, inoltre, positivo che si voglia favorire lo sviluppo dei distretti biologici che hanno un forte impatto in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale sui territori rurali. Infine, siamo estremamente soddisfatti per l’impegno concreto espresso a favore della definitiva approvazione della legge sul biologico, rimasta per troppo tempo bloccata. In questo particolare momento storico in cui l’Europa, con il Green Deal e le strategie Farm to Fork e Biodiversità, sta puntando fortemente sul biologico, l’Italia non può permettersi di perdere l’opportunità di accelerare il percorso di transizione verso il modello agroecologico. La legge presenta contenuti importanti relativi alla ricerca, all’innovazione e alla formazione, oltre all’introduzione del marchio ‘biologico italiano’ che può contribuire a consolidare le produzioni, dando più forza ai produttori agricoli nazionali”.
L’exploit di frutta e verdura
Intanto, numeri alla mano, il biologico incassa performance del tutto positive. Secondo i primi dati dell’Organic F&V Monitor – l’Osservatorio promosso da AssoBio e Alleanza Cooperative Italiane e curato da Nomisma, che nasce nell’Anno Internazionale della frutta e della verdura promosso dall’Onu – l’ortofrutta bio archivia il 2020 con un giro d’affari di 208 milioni di euro, divisi quasi perfettamente a metà tra frutta (48%) e verdura (52%). Un risultato frutto di un balzo del +8% nelle vendite rispetto all’anno precedente, che testimonia come questo segmento corra a ritmi quasi doppi rispetto all’intero paniere bio, per il quale il tasso di crescita si ferma quota +4,5%.
Ma le buone notizie non finiscono qui. Secondo l’Organic F&V Monitor all’orizzonte vi sono ulteriori spazi di espansione: le vendite bio sul totale dell’ortofrutta pesano infatti ancora solo il 4,6% sul totale.
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