La somministrazione dei vaccini AstraZeneca in Italia è ripresa. Resta da vedere quanto i cittadini si fideranno del “via libera” dell’Ema e se ciò influirà sulla campagna di immunizzazione importante anche per gli effetti economici che può avere. Secondo Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, è innegabile che ci siano forti interessi, anche geopolitici, che possono aver inciso o continuare a incidere sul delicato tema dei vaccini. «Non dobbiamo dimenticare – spiega – che vengono realizzati da grandi multinazionali del farmaco, le quali sono senza frontiere e hanno come obiettivo non solo e non tanto realizzare profitti, ma anche conquistare mercati commerciali per il futuro. Questo sia perché il vaccino anti-Covid potrebbe diventare frequente come quello anti-influenzale, sia perché i grandi gruppi hanno molti altri prodotti, sanitari e non, che potrebbero vendere grazie al prestigio acquisito in determinate aree. Tuttavia le aziende sono spesso assecondate dai Governi».
Cosa intende dire?
Ci sono Governi che rappresentano interessi economici rilevanti e ci sono Paesi più sensibili a questo tipo di collegamento, tra cui la Germania, da sempre mercantilista e non libero-scambista. È noto che uno di questi vaccini, con profonda innovazione scientifica, quello di Pfizer, ha un importante contributo tedesco, mentre un altro, AstraZeneca, è legato al Regno Unito, che a causa di una sua decisione legittima, quella che ha portato alla Brexit, con una separazione non proprio cordiale e pacifica, non è visto di buon occhio dall’Ue.
Secondo lei, quindi, AstraZeneca sconta il fatto di essere un vaccino inglese?
Gli interessi industriali e il rapporto non idilliaco con il Regno Unito possono aver creato un clima ostile ad AstraZeneca, vaccino nel quale, tra l’altro, c’è un contributo italiano. Ciò nonostante, il precedente Governo è stato troppo timido nel sostenerlo. Avrebbe potuto favorire una cooperazione con altri istituti di ricerca italiani oppure avviare una sperimentazione anche nel nostro Paese. Il sospetto che sorge è che l’aver “snobbato” AstraZeneca possa essere dipeso anche dalla forte influenza sul nostro Paese dei francesi, i quali erano convinti che avendo un’industria chimica d’avanguardia e persino l’Istituto Pasteur avrebbero potuto giocare un ruolo importante in questa partita dei vaccini.
L’Europa potrà davvero aprire all’utilizzo di Sputnik dopo l’ultimo botta e risposta tra Stati Uniti e Russia?
Questo scontro tra Washington e Mosca non ha a che fare con i vaccini. Io sono convinto che si possa far ricorso a Sputnik solamente prendendone il brevetto e producendolo in Europa, diversamente ci si potrebbe non fidare di un vaccino realizzato completamente in Russia. Per questa operazione, però, occorrerebbe troppo tempo.
Il tempo è appunto un fattore importante per fare in modo che la campagna vaccinale possa aver successo. Secondo lei, come si potrà portarla avanti?
Per andare avanti c’è per forza bisogno dei vaccini AstraZeneca e Johnson&Johnson, non appena quest’ultimo sarà disponibile, per il semplice fatto che quelli di Pfizer e Moderna non sono adatti a una vaccinazione di massa per via della loro complicata logistica. La bassa temperatura di conservazione può comportare rischi di trasporto e gestione delle dosi. Non sarà facile recuperare il ritardo che si creerà. Penso che bisognerà mettere in moto una macchina molto efficiente capace di raggiungere anche tutte le località lontane dai grandi centri vaccinali, organizzando magari servizi di trasporto per le persone da immunizzare. Io resto comunque convinto che una volta vaccinati gli anziani e i soggetti più a rischio non siano più necessarie misure restrittive come le ultime adottate: bisogna imparare a convivere con il virus.
(Lorenzo Torrisi)
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