C’è fermento in Vaticano dopo il recente pronunciamento della Santa Sede sulla benedizione delle unioni tra omosessuali. C’è, infatti, un dissenso aperto da parte delle diocesi più progressiste, dove queste pratiche sono in vigore, come Germania e Stati Uniti. Il cardinale Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la famiglia e la vita, si allinea con quanto dichiarato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, spiegando che la «benedizione» è sacramentale e in quanto tale «legata al sacramento del matrimonio». Si tratta di una benedizione importante, perché quando la Chiesa parla di matrimonio fa una distinzione tra «matrimonio sacramentale» e le «unioni civili».
Questo per il cardinale Kevin Farrell non vuol dire che «coloro che sono sposati solo in Chiesa ricevono i benefici della cura pastorale». Nel mondo attuale ci sono diverse situazioni pastorali, in qualsiasi parrocchia. «Ci sono ancora persone che non possono avere piena partecipazione alla vita della Chiesa, ma questo non significa che non devono essere accompagnate da noi e dalle parrocchie. Noi accompagniamo tutte le persone».
BENEDIZIONE COPPIE GAY, CHIESA DIVISA MA… APERTA
Per smorzare le polemiche suscitate dal recente responso della Congregazione per la Dottrina della Fede, il porporato statunitense in diretta streaming dalla Sala Stampa vaticana, ribadisce che «la vita pastorale della Chiesa è aperta a tutte le persone». Inoltre, Kevin Farrell ritiene importante che si aprano «le braccia per ricevere e accompagnare tutte le persone nelle loro differenti fasi della vita e nelle loro diverse situazioni». Quindi, ricorda che molte diocesi «hanno programmi» per la pastorale dedicata a coppie dello stesso sesso. Infatti, cita organizzazioni e movimenti ecclesiali che hanno lavorato con fedeli dello stesso sesso. «E continuano a lavorare quotidianamente e sempre lavoreranno con loro». Stesso discorso per le coppie divorziate risposate: «La Chiesa le accompagnerà con la speranza che un giorno vivranno totalmente in accordo con il magistero della Chiesa». Quindi, conclude insistendo che «nessuno, nessuna persona deve mai essere esclusa dalla cura pastorale, dall’amore e dalla sollecitudine della Chiesa».