Stanco della compagna Zaida, il bel Turco Selim sbarca a Napoli (poiché crede che le italiane siano belle e disponibili). Vi incontra Fiorilla, coniugata con il vecchio Geronio, ma corteggiata del fatuo Narciso, mentre Zaida (travestita da zingara), con l’aiuto del poeta Prosdocimo, vuole riconquistarlo. Dopo una catena di equivoci ciascuno finisce sotto le lenzuola giuste.
Nel Settecento, ciò avrebbe innescato una farsa, mentre nel 1814, il ventiduenne Gioachino Rossini e il venticinquenne Felice Romani, ambedue già pieni di esperienza non solo di teatro in musica ma anche con il gentil sesso, costruiscono una commedia cinica e amara (ma non priva di momenti divertenti) che, alla “prima”, lasciò perplesso il pubblico della Scala. Era l’ultima opera che il pesarese compose per Milano, prima di trasferirsi a Napoli. Alla Scala,venne rappresentata per poche repliche e ignorata sino a quando, nel 1950, venne riscoperta da Gianandrea Gavazzeni, con una giovanissima Maria Callas nelle piccole stagioni per esordienti al Teatro Eliseo di Roma.
Ora “Il Turco” è opera che viene eseguita con una certa frequenza in Italia ed è in repertorio nei maggiori teatri tedeschi e americani. La difficoltà principale consiste nel mantenere il fondo amaro nonostante l’intreccio quasi da pochade. Alcuni anni fa, a Roma Stefano Viezoli (un veterano de “Il Turco”) ci riuscì bene in allestimento in cui la vicenda è spostata agli anni trenta del Novecento, tra i vitelloni della Napoli di Piazza Amedeo: gli aspetti comici dominano la prima parte mentre il cinismo, e la melanconia, sono a tutto tondo nella seconda. L’opera è, infatti, una “commedia per adulti” sulla fedeltà coniugale
E’ la seconda produzione de “Il Turco in Italia” del San Carlo di Napoli che vedo ed ascolto. La prima fu nel 2004: venne messa in scena come una opera buffa. In questa produzione 2021, in forma di concerto, non si cade nella farsa, come avvenne anche al Rossini Opera Festival del 2016, e c’erano tutte le premesse per un’ottima resa: direttore d’orchestra di valore, ottimo cast. Sono stati, però, commessi due errori. Uno tecnologico: un volume troppo basso dell’audio (chi le aveva è stato costretto a mettere le cuffie). Uno musicale, quasi tutti i recitativi sono stati tagliati, rendendo incomprensibile la seconda parte dell’opera. Per questo motivo, alla prima in streaming il 19 marzo, solo una settantina di spettatori sono rimasti connessi sino alla fine.
Un vero peccato anche perché i cantanti accennavo alla recitazione con il tono giusto di commedia modernissima – tanto moderna che non piacque, o piacque poco, nei primi decenni dell’ottocento. Una notazione importante: “Il Turco in Italia” non è un’opera di arie come si usava all’epoca ma di numeri a più voci (un capolavoro quello del caffè). In questa produzione, oltre ad un’ottima, e delicata, direzione d’orchestra (Carlo Montanaro) ed ad un buon coro (preparato da Gea Garatti Ansini), ci sono le voci adatte ed affiatate: Marko Mimica nei panni di Selim , il soprano francese Julie Fuchs, in quelli di Forilla (ruolo difficile ma affrontato con tutta la coloratura richiesta): due veterani come Paolo Bordogna (Don Geronimo) e Alessandro Luogo (Prosdocimo); i giovani Ruzil Gatin (Narciso), Gaia Petrone ( Zaida) e Filippo Adami (Albazar). Ottimi i concertati, per chi disponeva di cuffie.
Teatro San Carlo, provaci ancora!