RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI ORLANDO
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando è tornato a parlare di riforma pensioni, spiegando che “abbiamo attivato delle commissioni di lavoro e di studio sulla previdenza, per capire cosa ha funzionato e cosa ha prodotto Quota 100. Non diventerà un tema di priorità politica finché non avremo avviato il lavoro su altre due questioni che ritengo in questo momento più importanti: la riforma degli ammortizzatori e l’avvio di un confronto con le regioni sulle politiche attive”. L’esponente dem, incontrando la stampa estera, secondo quanto riporta Lapresse, ha detto anche solo in seguito verrà avviata una discussione, “ma non vogliamo mettere troppa carne al fuoco, si rischia di bruciarla. Adesso la cosa più importante è dare una risposta a chi rischia di perdere il lavoro e a chi lo sta cercando”. Intanto, come riporta l’edizione palermitana di Repubblica, l’Assemblea regionale siciliana, continuando l’analisi della finanziaria, ha deciso di estendere Quota 100 ai dipendenti regionali. Un’operazione che costerà circa 4 milioni di euro.
LA LINEA DURIGON SULLE PENSIONI
Nell’intervista in esclusiva rilasciata al Sussidiario.net, Claudio Durigon ci ha spiegato nel dettaglio cosa intende fare il Governo Draghi per sostituire la riforma pensioni di Quota 100 a fine anno: «Credo che Quota 100 abbia svolto il suo compito e che oggi serva qualcosa di diverso, specialmente nel settore privato, dove tra poco ci sarà lo sblocco dei licenziamenti. Se il mercato non si riprenderà, l’impatto sull’occupazione sarà forte». Flessibilità in uscita e in entrata dovranno tornare principali nel dibattito previdenziale, ma per il sottosegretario all’Economia in quota Lega occorre fare di più: «non si può pensare di tornare alla Legge Fornero tout court o avere soltanto un’Ape social leggermente rivista. Credo serva una cassetta degli attrezzi che permetta alle aziende in ristrutturazione di poter concedere degli scivoli a chi è in età avanzata e, perché no, assumere dei giovani». In merito alla Quota 41, proposta di legge presentata proprio a firma sua, Durigon conclude «Abbiamo quindi cercato di predisporre una norma per far capire qual è il nostro intento di visione, tenendo ovviamente conto che siamo in un contesto in cui le casse pubbliche sono già gravate da diverse spese. Questa proposta di legge potrà essere discussa in Parlamento e potranno essere apportate le modifiche che si ritengono opportune. Con il passare degli anni stiamo andando incontro a un sistema totalmente contributivo e presto ci troveremo di fronte al problema di pensioni sempre più basse». (agg. di Niccolò Magnani)
IL MESSAGGIO DI PROIETTI (UIL) A ORLANDO
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha spiegato di aver intenzione di riaprire il confronto con i sindacati sulla riforma pensioni, ma una volta che saranno stati affrontati altri temi più urgenti, tra cui quello della riforma degli ammortizzatori. Secondo Domenico Proietti, “indubbiamente oggi la riforma degli ammortizzatori sociali è una priorità per tutti. Parallelamente il Ministro Orlando avvii un tavolo di confronto sui temi previdenziali che, come insegna l’esperienza di questi anni, richiedono tempo per essere utilmente affrontati”. Il Segretario confederale della Uil spiega quindi che “c’è una cosa che il Ministro del lavoro può fare subito ed è quella di far ripartire il lavoro delle commissioni sui lavori gravosi e quella per separare l’assistenza dalla previdenza le cui risultanza saranno utili e propedeutiche alla definizione di una flessibilità di accesso alla pensione più diffusa quando finirà quota 100”. Tra l’altro dalla Uil erano giunte sollecitazioni a Orlando in tal senso già diversi giorni fa.
SICILIA, SALTA IL TAGLIO DELLE PENSIONI AGLI EX DIPENDENTI
Prosegue l’esame della finanziaria presso l’Assemblea regionale siciliana e, come spiega Giovanni Di Caro, capogruppo M5s all’Ars, è stato “bocciato l’articolo con cui il governo voleva mettere le mani in tasca ai pensionati regionali. Era una misura simbolica , ma proprio per questo pericolosa, di una finanziaria che si sta confermando pessima e in parte da riscrivere” . Non ci sarà quindi la misura di riforma pensioni consistente in un contributo di solidarietà a carico degli ex dipendenti regionali, anche perché, spiega Di Caro, “la norma sulle pensioni introduceva un principio pericoloso. Tra l’altro paradossale, visto che questo Parlamento sul tema delle pensioni si era già pronunciato, ma in senso contrario, aumentando le proprie. Il M5S ha rinunciato agli aumenti”. Il pentastellato spiega anche che da parte del suo partito c’è il tentativo di “rendere il testo meno brutto. Abbiamo chiesto di raggruppare gli articoli per temi per dare maggiore consistenza ai ristori per le categorie maggiormente colpite dal Covid, come il wedding, la ristorazione e il settore dell’abbigliamento e delle calzature”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANIEF SU QUOTA 92
Nelle ultime settimane, tra le ipotesi di riforma pensioni, è emersa la Quota 92, che consentirebbe l’ingresso in quiescenza a partire dai 62 anni di età, con almeno 30 di contributi, con una penalizzazione in base all’anticipo rispetto ai requisiti standard. Marcello Pacifico, come riporta orizzontescuola.it, ritiene però che i lavoratori della scuola non dovrebbero subire decurtazioni. Non è un caso che il nostro sindacato continui a chiedere l’introduzione del rischio biologico negli stipendi, proprio perché ben superiore ad altre categorie professionali. Non si comprende per quale motivo debba ritrovarsi con pensioni poco superiori alla sociale, dopo tanti anni di lavoro rivolti alla formazione dei giovani in cambio pure dei compensi che figurano tra i più bassi d’Europa”, spiega il Presidente dell’Anief, secondo cui “il pensionamento anticipato nella scuola deve diventare la regola e non l’eccezione”.
LE PAROLE DI PACIFICO
Il sindacalista torna anche a chiedere che l’insegnamento, per tutte le fasce d’età, sia ricompreso tra i lavori gravosi: “I danni alle corde vocali, al sistema neuro-psicologico, a quello muscolo-scheletrico risultano presenti in tanti lavoratori over 60 della scuola. Rimane un mistero il motivo per il quale i governi che si sono succeduti hanno permesso l’accesso all’Ape Social, che permette l’uscita anticipata a 62 anni, solo agli educatori e ai maestri della scuola dell’Infanzia. O meglio, l’unica spiegazione logica è quella di non volere finanziare l’anticipo pensionistico a tutti i dipendenti della scuola, Ata compresi, perché sarebbe troppo oneroso per le casse dello Stato”.