BERLINO – Ministri di primo piano accusati di conflitto di interessi, flop della campagna vaccini, indecisionismo sulle politiche di lockdown, politiche degli annunci seguite da nulla di fatto, crollo della fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche, proteste crescenti e sempre più organizzate contro le misure anti-Covid. Non stiamo parlando dell’Italia, ma della Germania.
Da un po’ di tempo a questa parte la Germania sembra essere entrata in una fase latina. Scandali, titoli dei giornaloni ostili ad Angela Merkel che solo fino a pochi mesi fa veniva celebrata dal Times come la cancelliera del mondo libero; indecisionismo della classe politica su vaccini e norme anti-Covid che fanno apparire la terra dei fu terribili Lanzi come la nuova patria dei sor Tentenna; proteste vibranti della cittadinanza contro il lockdown, ma anche contro il fallimento della campagna vaccinale; crollo del consenso della classe politica; sospetto dei cittadini verso ogni forma di esperti, virologi, medici condotti e dottori in non si sa bene cosa, che un giorno sì e l’altro pure lanciano messaggi contraddittori sulla pandemia e i suoi rimedi. Il tutto mentre, zitti zitti, sempre più giudici annullano le multe date ai cittadini per aver infranto le regole anti-pandemia, perché fondate su norme anticostituzionali.
Cosa sta accadendo a nord delle Alpi? Iniziamo dal fatto più clamoroso. Il ministro della Sanità, l’influentissimo Jens Spahn, in quota Cdu, è coinvolto in uno scandalo dai connotati tipicamente italici. Il suo consorte Daniel Funke, con il quale il ministro dalla solida formazione di impiegato bancario convive in una villa da mille e una notte nell’esclusivo quartiere di Dahlem, a Berlino, ha fornito, tramite l’azienda Burda GmbH per cui lavora, un lotto consistente di mascherine anti-Covid al ministero federale della Sanità. E la cosa veramente strana è che la Burda Gmbh ufficialmente si occupa di media e non è a nessun livello fornitrice di articoli sanitari. Secondo un portavoce della società, nel business delle mascherine la Burda Gmbh avrebbe agito esclusivamente come intermediario, ma senza guadagnarci un centesimo, e il signor Funke, riporta il quotidiano tedesco Der Tagespiegel, non sarebbe mai stato al corrente dell’affare.
Sarà, ma pensar male spesso ci si azzecca, diceva un tale. Il fatto clamoroso non è tanto il conflitto di interessi in sé, ma che sia finito sui giornali. I vari Spiegel, Welt, Zeit, Süddeutsche Zeitung e compagnia bella, sempre molto solerti nell’informare i propri lettori sugli scandali italiani, soprattutto quando qualcuno a Roma mette in discussione i meccanismi europei di austerity, hanno mostrato sempre una certa ritrosia a parlare del malaffare tedesco, tanto che qualcuno a sud delle Alpi si era candidamente convinto che i tedeschi fossero immuni dal male latino. Come mai i giornaloni della Bundesrepublik si svegliano adesso?
I giornali tedeschi più influenti, quelli in grado di indirizzare l’opinione pubblica, sono Spiegel, Süddeutsche Zeitung, Stern, Faz, Zeit e Bild. Di questi soltanto la Faz (Frankfurter Allgemeine Zeitung) appartiene a una fondazione controllata da editori indipendenti, mentre le altre testate sono tutte di proprietà famigliare. Per fare qualche nome, la famiglia Springer guidata da Friede Springer, probabilmente la donna più influente in Germania, è proprietaria dei quotidiani Welt e Bild, oltre a numerosi canali televisivi e tipografie. La famiglia Mohn, attraverso la fondazione Bertelsmann, controlla lo Spiegel e Stern, mentre il Süddeutsche Zeitung è di proprietà della famiglia Schaub, la quale controlla anche numerosi quotidiani a livello regionale. Il Zeit invece è di proprietà del gruppo mediatico DvH, appartenente alla famiglia Holzbrink.
In altre parole, il mondo dei giornali in Germania è un affare di famiglia e le grandi famiglie tedesche sono sempre state filogovernative. Di qui la timidezza a parlare in profondità di certi scandali che potevano imbarazzare il governo come il Dieselgate/Volkswagen, lo scandalo riciclaggio Deutsche Bank, lo scandalo del nuovo aeroporto di Berlino che rischia di fallire a pochi mesi dall’apertura, o lo scandalo del falso in bilancio Wirecard.
L’epidemia Covid però ha cambiato le cose. Inizialmente, nella prima fase dell’epidemia, la risposta del governo tedesco è stata una delle migliori a livello mondiale, a giudicare dal numero di vittime relativamente basso se comparato, per esempio, a Francia o Italia. Il tutto senza imporre un lockdown totale e rinunciando a misure draconiane come il coprifuoco.
Poi entrano in scena i vaccini e le cose invece di migliorare ulteriormente per il governo si complicano. La campagna vaccinale parte male e prosegue ancora peggio con il pasticcio della von der Leyen sui contratti di fornitura europei. Il giornalista americano Matthew Karnitschnig corrispondente di Politico.eu, segnala come “le procedure per l’acquisto dei vaccini si siano rivelate un fiasco, segnato da lunghi negoziati e ritardi, che costringeranno la Germania e gli altri paesi Ue a mantenere le restrizioni per molto più tempo di quanto sarebbe stato necessario”.
Ma il colpo mortale è il flop della campagna di vaccinazione. “Che fine hanno fatto la famosa abilità organizzativa e logistica della Germania?” si domanda Karnitschnig e prosegue impietoso: “La Germania è entrata nel suo quinto mese consecutivo di lockdown, senza che se ne veda la fine. Non è chiaro quando scuole e negozi, per non parlare di bar e ristoranti, potranno riaprire. In tanta incertezza, le piccole imprese di tutto il paese stanno andando in rovina. Mentre gli Stati Uniti stanno lentamente riaprendo grazie alle vaccinazioni di massa, la disoccupazione sta diminuendo e l’ottimismo ha cominciato a riemergere”. E conclude: “Molti puntano il dito contro il ministro Spahn, ma io sono rimasto colpito da quante poche critiche ha ricevuto il suo capo”, ovvero la cancelliera Merkel, “che continua ad avere un indice di gradimento popolare vicino al 70%, anche se è improbabile che la storia sarà così indulgente con lei”.
E a questo punto le famiglie che controllano l’informazione tedesca devono averne avuto abbastanza. Hanno vinto la loro ritrosia a parlare del malaffare tedesco e hanno aperto il tiro incrociato sul ministro della Sanità. In attesa di colpire il bersaglio grosso, che sta al Bundeskanzleramt nella Willy-Brandt-Straße 1.
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