Domani 25 marzo l’Italia e il mondo intero celebrano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, forse il protagonista della cultura occidentale più noto e più dirimente lo sviluppo culturale, sociale, politico e religioso non solo del suo tempo. 7 secoli da che quel “Sommo Poeta” autore della Divina Commedia intraprese il suo reale viaggio verso il Paradiso, lasciando un segno che ancora oggi viene ricordato in ogni parte del globo. «Se tu segui tua stella/ non puoi fallire a glorioso porto/ se ben m’accorsi ne la vita bella», così si leggeva nel canto XV dell’Inferno con la figura di Brunetto Latini descritta da Dante con somma commozione e ammirazione.
Ne ha parlato di recente lo scrittore Alessandro D’Avenia sul Corriere della Sera, trovando un “ponte” simbolico tra la Divina Commedia e l’urgenza attuale di recuperare nelle scuole dominate da Dad e confusione la centralità dell’educazione al desiderio. Il ‘maestro’ segnala al suo prediletto, al suo educando – un po’ come ha fatto Dante con i suoi lettori, e come fanno Virgilio e Beatrice con lui stesso – come potersi “eternare”, ovvero «diventare chi, solo lui, può diventare: il modo unico in cui realizza l’umano».
LA LETTERA DEL PAPA SU DANTE ALIGHIERI
Dante Alighieri ci ha insegnato come non abbandonarci alla banalità del mondo e alle sue pulsioni istintuali: «spesso i ragazzi escono da scuola sapendo poco di tutto e nulla di sé, esito del divorzio tra istruzione (il cui fine è la cultura) e educazione (il cui fine è la libertà)» spiega ancora D’Avenia ricalcando quella passione al desiderio per ciascuna persona, in primis i giovani immersi ancora nel disastro della pandemia mondiale. Ed è a quegli stessi giovani che parla la lettera apostolica che domani Papa Francesco pubblicherà in concomitanza con i 700 anni dalla morte di Dante: «Candor Lucis æternæ», ovvero “Candore de la etterna luce” che il Sommo Poeta cita nel terzo trattato del Convivio (a sua volta riferendosi al Libro della Sapienza, ndr).
Come ha spiegato oggi sul Corriere il Cardinal Gianfranco Ravasi, «Dante è davvero un profeta di speranza, come lo considera Papa Francesco. Nel tempo della pandemia viviamo un periodo di dolore, paura, sconforto. Anche Dante ha vissuto un periodo così e ci ha mostrato come la grande poesia e la fede possano fiorire anche in un terreno devastato». Il testo papale mostra l’attenzione del Vaticano e di Papa Bergoglio alla celebrazione dantesca, colpito dal parallelo attualissimo tra la Divina Commedia e il viaggio “infernale” che ogni uomo ha potuto vivere negli ultimi 12 mesi, «Ciò che regge il cammino di Dante, il nostro cammino, è la speranza. Il viaggio comincia dall’Inferno, nel realismo del sottosuolo, nel fango della storia, la terra come “l’aiuola che ci fa tanto feroci” vista dall’alto del Paradiso, al canto XXII. Ma non è che finisca con il dolore irrimediabile di cerchi, gironi e bolge», sottolinea ancora Ravasi.