Nelle sue comunicazioni al Senato prima del Consiglio europeo che prende il via oggi, Mario Draghi ha detto che a un anno dallo scoppio della pandemia “dobbiamo fare tutto il possibile per la soluzione della crisi”. E la via per farlo passa da “quattro vaccini sicuri ed efficaci”, quindi “l’obiettivo è vaccinare quante più persone possibile nel più breve tempo possibile”. “Nelle prime tre settimane di marzo la media delle somministrazioni è stata pari a 170mila dosi al giorno, più del doppio della media dei due mesi precedenti. Il nostro obiettivo è portare il ritmo a mezzo milione al giorno”, ha aggiunto il Premier.
Parole che, secondo Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, si uniscono perfettamente con quelle del ministro dell’Economia, Daniele Franco, secondo cui ci sarà un recupero del Pil nel secondo trimestre, “con una accelerazione nel terzo e nel quarto” che consentirà un’uscita graduale dalle misure di sostegno all’economia “verso la fine dell’anno”.
Professore, qual è il collegamento tra le parole di Draghi e quelle di Franco?
Se l’obiettivo è, come ha detto Draghi, quello di arrivare a 500.000 dosi al giorno, che significano circa 15 milioni al mese, mi sembra che si possa pensare di togliere le restrizioni alle attività economiche avendo la certezza che la diffusione del virus sarà sempre più contenuta. Io resto convinto che immunizzando gli anziani e i soggetti più fragili si potrà rinunciare a nuove chiusure. In ogni caso lo schema secondo cui più aumentano le vaccinazioni, più si possono riaprire le attività è quello che si intravede dietro le parole di Franco. A me sembra che il piano sia ragionevole, sempre che le persone che operano in attività a più rischio contagio accettino di vaccinarsi. Tuttavia può incontrare due criticità.
Quali?
La prima è che si parla di un numero di vaccinazioni medio a livello nazionale, quindi è importante che non ci siano troppe differenze territoriali, perché non si possono avere zone che restano troppo indietro aiutando la circolazione del virus: rischierebbero di subire restrizioni. In questo senso è importante combinare grandi centri vaccinali con strutture capillari sul territorio, pensando anche a unità mobili per raggiungere le località più lontane dai centri urbani. L’altra criticità è relativa alla disponibilità di vaccini: è evidente che se non ci sono salta tutto. L’arrivo di quello di Johnson&Johnson è certamente importante, ma non è chiaro se basterà.
È un bene quindi aver stanziato 2,1 miliardi nel Decreto sostegni per l’acquisto di nuovi vaccini.
Sì, acquistare i vaccini è una buona idea, anche se l’importante è trovare chi ce li venda. Speriamo che anche l’Europa cambi marcia come auspicato dallo stesso Draghi.
È giusto, come dice Franco, arrivare a diminuire e poi cancellare i sostegni all’economia a fine anno?
Nella misura in cui non ci sono più restrizioni, i ristori per forza diminuiscono, perché non viene più “violato” il diritto a poter esercitare la propria attività economica. Bisogna dare sempre più libertà agli operatori invece che ristori. Ciò non toglie che si possano fornire crediti d’imposta o che si possa inventare qualche “derivato buono” che consenta di non fare un’operazione tecnicamente di bilancio.
I sostegni possono passare dall’intervento pubblico nelle aziende?
Bisogna smettere di pensare di risolvere i problemi con le nazionalizzazioni, anche perché occorre cercare di contenere la spesa pubblica.
L’economia italiana, dopo un lungo lockdown e i continui stop-and-go, potrà ripartire senza aiuti alla fine dell’anno?
Non avremo grandi difficoltà a ripartire visto che fortunatamente c’è una propensione degli Stati Uniti, che per noi sono un mercato enorme, a favorire il commercio con l’Italia e a intervenire coi loro fondi di investimento nel nostro Paese, che è pur sempre strategico per Washington essendo al centro del Mediterraneo. Dovremo poi certamente fare qualcosa per stimolare la domanda interna.
Per esempio?
Per cominciare basterebbero quattro cose. Bisogna sburocratizzare, il codice degli appalti blocca ancora troppo i cantieri. Occorre evitare opere cofinanziate tra fondi Ue-regioni, perché quest’ultime, specie al Sud, spesso si ritrovano senza risorse che dirottano al sistema sanitario o ad altre voci. Un altro aiuto alla domanda interna può arrivare dalla riduzione di alcuni tributi, come le imposte di registro, che gravano sul settore immobiliare ed edilizio, che può essere quindi ravvivato. Un altro intervento importante riguarderebbe i contratti di lavoro, per fare in modo che siano più flessibili in questa fase. Senza tutto questo non riusciremo a valorizzare la possibilità di ripartire coi vaccini. La campagna vaccinale in questo caso è come la politica monetaria: crea una condizione permissiva, ma da sola non genera crescita.
(Lorenzo Torrisi)
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