Brescia e provincia, come l’anno scorso, sono tra i territori della Lombardia ancora una volta più colpiti dal Covid. Centoventi morti negli ultimi sette giorni, più di 400 nelle ultime tre settimane, altri 17 nelle ultime 24 ore. Dall’inizio di marzo il conto dei morti è già arrivato a 421. Colpa innanzitutto delle varianti, ci ha detto il professor Francesco Castelli, ordinario di malattie infettive all’Università degli studi di Brescia, già titolare della Cattedra Unesco e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie Infettive, ma anche della sensazione sbagliata diffusasi in estate che il pericolo fosse finito: “E’ importante, in modo deciso, che anche dopo aver ricevuto la vaccinazione, la gente abbia chiaro che le norme di sicurezza vaanno mantenute”.
In questo quadro si sta fortunatamente osservando un lento declino della curva dei contagi: “Sì, è vero, la curva dei contagi sul territorio ha cominciato una lenta discesa, si vede anche negli ospedali l’inizio di una minor pressione, anche se i reparti di terapia intensiva sono ancora saturi”.
Dopo la terribile ondata dello scorso anno, vi aspettavate una nuova pandemia così forte? Quali le motivazioni secondo lei: le varianti o la scarsa osservanza delle norme di sicurezza?
Penso sia una concomitanza di vari fattori. Certamente le varianti sono molto più contagiose e già questo di per sé è una implicazione sufficiente per giustificare la ripresa dei contagi in un numero così alto. Forse il periodo estivo ha giocato un brutto colpo, facendo pensare che fosse passato il pericolo, ma è difficile dire quanto pesi una cosa piuttosto che l’altra. Sicuramente atteggiamenti incongrui delle persone, come leggiamo sui giornali e vediamo alla televisione, hanno avuto il loro peso. In questo senso va lanciato il messaggio che bisogna continuare a mantenere anche dopo le vaccinazioni le norme di sicurezza.
A proposito di vaccinazioni, come stanno procedendo nel bresciano?
La stragrande maggioranza del personale sanitario si è vaccinato, a parte qualche caso singolo per motivi di varia natura, ma possiamo dire che siamo coperti. Riguardo al territorio, sembra che, pur con tutte le difficoltà che ci sono state, si proceda. E mi auguro si proceda sempre più in fretta, perché conto molto sulla vaccinazione come unica strada per fermare la pandemia.
Ci può confermare che la curva dei contagi è finalmente in declino, seppur lieve?
La curva dei contagi sul territorio è effettivamente in un lento declino. Non dobbiamo fare affidamento sui dati del fine settimana, perché quelli sono fuorvianti, però nei giorni feriali questa curva appare in diminuzione e ci fa ben sperare. Si comincia a vedere anche a livello ospedaliero una minor pressione. Con tutta la cautela del caso, perché siamo stati abituati alle brutte sorprese.
Ospedali in sofferenza: come è la situazione delle terapie intensive?
Le terapie intensive sono sempre le ultime a risentire positivamente del calo dei contagi. Prima calano i contagi, poi lentissimamente i malati e per ultimo si alleggeriscono le terapie intensive. Al momento abbiamo ancora una saturazione dei posti letti.
La caratteristica di questa ultima ondata è l’abbassamento dell’età delle persone colpite dal virus. Lo ha osservato anche lei?
Dipende da cosa si intende per abbassamento dell’età. Si vedono casi di persone giovani, però l’età media in terapia intensiva è solo di qualche anno inferiore a quella precedente, si è abbassata da 68 a 62 anni. Qualche caso di giovani c’è, però molto pochi.
Molti ospedali lamentano la poca possibilità di occuparsi di pazienti con patologie diverse dal Covid, che in molti casi sono trascurati. E’ così anche per voi?
Trascurare è un termine sbagliato. Noi stiamo cercando di fare di tutto per mantenere l’attenzione su tutte le patologie, dai cardiopatici ai dializzati, ma certo quando si hanno i posti letto saturati da malati Covid è più difficile mantenere al cento per cento questa attenzione, che noi cerchiamo di avere comunque, ricoverando tutte le persone che hanno bisogno. Insomma, si raddoppiano gli sforzi perché oltre al Covid c’è senz’altro più lavoro di prima.
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