Questa coproduzione di Così Fan Tutte di Wolfgang Amadeus Mozart diretta da Riccardo Muti, con la regia di Chiara Muti, le scene di Leila Feifta, i costumi di Alessandro Lai e le luci di Vincent Longuemare è uno degli spettacoli di opera lirica di cui si parla da circa tre anni. E’ una operazione congiunta del San Carlo di Napoli (dove ha inaugurato nel dicembre 2018 la stagione 2018-2019), della Staatsoper di Vienna (dove avrebbe dovuto debuttare nel maggio 2020, debutto rinviato causa Covid, ma entrerà prima o poi in repertorio) e del Teatro Regio di Torino sul cui sito si può vedere in streaming per alcuni mesi. E’ una produzione che è stata molto apprezzata dalla critica.
L’ho vista ed ascoltata in streaming il 24 marzo e non c’era nessun problema tecnico di audio simile a quelli di un altro spettacolo di opera lirica recentemente recensito su questa testata. La produzione non è stato, però, adattata al nuovo mezzo di fruizione come fatto di recente per opere messe in scena a Roma, Palermo e Milano (per citare alcuni esempi). Sul monitor si vede lo spettacolo tale e quale lo si vedrebbe in teatro, una visione, però, bidimensionale e senza la tensione di essere in sala. L’ascolto dipende dalla qualità delle cuffie. Tant’e: di questi tempi occorre accontentarsi.
Così Fan Tutte è l’opera di Mozart più “visitata” da Muti da oltre cinquant’anni. Ne ha approfondito la partitura con cura ed amore, dando significato e spessore ad un testo che potrebbe quasi apparire da farsa. La rende una vera “commedia per adulti”, per usare il lessico contemporaneo, e da un giusto equilibrio agli elementi “giocosi” ed a quelli “amari”, nonché al cinismo che pervade la vicenda. Grande attenzione ai dettagli: ad esempio, fare sentire dalle viole le brezza del mare e la malinconia al termine del terzetto del primo atto “Soave sia il vento” e fare ascoltare le premonizioni belcantistiche in arie quale “Come scoglio”.
Ha indubbiamente lavorato molto sui cantanti. Eleonaro Buratto (Fiordiligi) ha un’emissione perfetta, omogenea e bel calibrata. A Paola Gardina (Dorabella) dà una netta contrapposizione vocale rispetto alla Buratto. Francesca Di Sauro è una Despina astuta che fa da contraltare alle due protagoniste. Alessandro Luongo (Guglielmo) ha una vocalità impetuosa che si giustappone a quella morbida e quasi tenera di Giovanni Sala (Ferrando). Rispetto alle due coppie, il Don Alfonso di Marco Filippo Romano più che un filosofo è un uomo vissuto che guarda con un’ironia cinica alla vita ed ai giovani di cui è il burrattinaio.
In breve, un’esecuzione musicale splendida che spero diventi un CD.
Discutibile, però, la parte drammaturgica, soprattutto la regia. Si inizia bene: una Napoli assolata ed un mare azzurro, le fanciulle in abiti bianchi (come le mura dei palazzi), in marrone chiaro gli uomini, di cui i due giovani si mettono in rosso Bordeaux quanto si travestono in ricchi albanesi. Via via che procede l’azione, mentre in buca c’è un equilibrio tra componenti comiche, parti amare e cinismo, sul palcoscenico si svolge una farsa e le scena viene sempre più affollata di comparse, mimi, maschere. Creando una grande confusione.
Credo che i registi che si accostano a Così Fan Tutte debbano studiare con cura la registrazione di quella di Guido Cantelli per l’inaugurazione della Piccola Scala nel 1956 (andò in Eurovisione) o quella di Patrice Chéreau per il Festival di Aix en Provence del 2015 (girò in tutto il mondo ed esiste un ottimo DVD).
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