Prima di incontrare la stampa Mario Draghi ha avuto una serie di colloqui: Pierluigi Bersani, Matteo Salvini, i rappresentanti delle regioni. Destra, sinistra, autonomie locali: sono i vertici dell’area in cui si muove il premier, che è un tecnico ma si sta dimostrando anche un abile politico. La sua prima preoccupazione si chiama responsabilità, che è una categoria molto larga. “La responsabilità è di tutti”, ha scandito parlando dei “salta coda” privi di riguardo verso le persone più fragili. Un richiamo che va al di là del semplice rispetto delle leggi, perché alla “responsabilità” Draghi ha affiancato la “coscienza” di chi salta la lista vaccinale sapendo che mette a rischio la vita di un anziano fragile.
Non è un rimprovero, ma un invito alla coesione, un’unità di intenti prima che di strategia politica. Ed è lo stesso richiamo rivolto alla maggioranza del suo governo. A Matteo Salvini che spinge per le riaperture dice che Roberto Speranza alla Salute l’ha voluto lui, Draghi, e ne ha “molta stima”. E aggiunge che le riaperture ci saranno, ma nei tempi dettati dall’andamento dei contagi e della campagna vaccinale verso le classi più a rischio. Il premier in qualche modo condivide e fa propria la richiesta di Salvini senza però presentarla come una concessione al leader leghista. È quindi lui, Draghi, a premere per le riaperture, consapevole della crisi in cui si trovano tante persone. Nel colloquio privato, i due hanno anche parlato di una bozza di piano delle riaperture che sarebbe in discussione con i governatori del Nord. Nessuno ne ha però fatto cenno rispettando gli impegni presi.
Ma c’è un messaggio chiaro al centrosinistra che continua a frenare: “La migliore forma di sostegno non sono i sostegni ma le riaperture”, dice il premier. “Bisogna riacquistare il gusto del futuro”, aggiunge. Non ci sono ancora date alle quali ancorare una speranza, il governo ci sta ancora pensando; ma l’unica finora emersa, quella del 2 giugno proposta dal ministro del Turismo Massimo Garavaglia, potrebbe essere pure anticipata. Draghi ha parlato di turismo, di fiere, di passaporti vaccinali da garantire a chi si sposterà in estate. Il senso è questo: “Le prossime settimane saranno all’insegna delle aperture, non delle chiusure, naturalmente in sicurezza”.
Anche per le regioni c’è un messaggio chiaro. Da un lato, l’apprezzamento più volte ripetuto da Draghi per lo spirito di collaborazione “molto buona” che si è instaurato tra il governo, il commissario Figliuolo e i poteri locali; dall’altro un avvertimento: “Nelle regioni più avanti con la campagna vaccinale degli anziani sarà più facile riaprire”. Se le dosi scarseggiano, la responsabilità è in primo luogo di chi le produce (cioè le case farmaceutiche) e di chi ha firmato i contratti di fornitura (cioè Bruxelles) che nel futuro “saranno fatti meglio”. Sembra chiusa la stagione del rimpallo di responsabilità tra governo centrale e periferie che fu un tratto distintivo del Conte 2.
Quello su cui Draghi non si è pronunciato è il percorso parlamentare delle decisioni governative. Il suo governo è forte di una maggioranza ampia, ma tutti i maggiori partiti, dal Pd alla Lega passando per i 5 Stelle, avvertono forti tensioni. Giorgia Meloni, invece, mentre guadagna consensi tra chi ancora non vede un reale cambio di passo verso le categorie economiche più provate dalle chiusure, blocca anche i lavori delle Camere. Dal Copasir, la cui presidenza spetta all’opposizione, alle commissioni parlamentari, che devono riflettere i nuovi equilibri di governo, i provvedimenti non avanzano perché la minoranza fa ostruzione. Draghi vola più alto di queste liti, ma prima o poi dovrà farci i conti anche lui.
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