Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera del prof. Stelio Mangiameli, ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Teramo. La vicenda considerata non è un semplice caso di galateo istituzionale, ma ha assunto il tono di una misurazione tra due Europe, quella “intergovernativa” e quella “comunitaria”: da un lato, l’idea che l’Europa si riduca ad un contenitore di Stati, per il libro scambio; dall’altro, la prospettiva di un processo di integrazione politica.
Alla Presidente della Commissione europea,
Signora Ursula von der Leyen
Roi de Loi 200
1040 Bruxelles
Belgium
Lettera aperta
Roma, lì 11 aprile 2021
Illustre Presidente della Commissione europea,
Gentile Signora Ursula von der Leyen,
mi permetto di scriverLe per esprimere il senso della mia personale solidarietà nei Suoi confronti in merito all’increscioso accadimento occorso mercoledì scorso durante la visita in Turchia.
La condizione di disagio nella quale Lei si è trovata per un momento e che ha risolto con il savoir faire che La contraddistingue, mi hanno indignato come uomo e come studioso del diritto pubblico e del diritto europeo.
Come uomo reputo inammissibile che si lasci una Signora in un incontro a destreggiarsi per trovare un posto a sedere; nessun gentiluomo italiano lo avrebbe mai permesso e bene ha fatto il nostro Presidente del Consiglio, Mario Draghi, l’unico in Europa, a pronunciare pubblicamente le parole con cui ha stigmatizzato il comportamento del Presidente turco.
E se la cultura turca è così indietro da non comprendere come ci si comporti da gentiluomini, vuol dire che lo standard che i turchi seguono non può stare ancora al passo con la cultura europea.
Quello che mi ha sorpreso di più è che un uomo europeo, per di più con un Ufficio europeo, non abbia provato disagio e non abbia reagito per primo, reclamando una terza sedia per sé e dopo averLa fatta accomodare in una di quelle predisposte.
Tutti i media italiani, a prescindere dal loro orientamento politico, hanno stigmatizzato il comportamento di questo Signore, qualificandolo un “cafone”, e c’è da chiedersi se, con questo paragone, non si faccia un torto ai nostri poveri “cafoni” che sono solo dei poveri braccianti della terra.
Peraltro, la gentilezza verso le donne non ha nulla a che fare con l’eguaglianza tra uomini e donne. L’eguaglianza tra i sessi non autorizza nessuno ad essere maleducato con gli uomini e, tanto meno, con le donne. La gentilezza verso le donne è, nella sua essenza, un atto dovuto verso coloro che – pari agli uomini in ogni questione pubblica e privata – hanno la capacità di illuminare la vita degli altri di una luce particolare. Almeno questo è il mio pensiero di uomo italiano sul punto.
Si è detto che l’incidente occorso è conseguenza del protocollo per il quale l’ordine delle precedenze ha comportato quel fatto esecrabile.
Non so esattamente come sia stato costruito il protocollo europeo, ma mi sembra che l’esperienza pregressa, persino nel caso della Turchia, sia stata diversa.
A prescindere da ciò, da studioso del diritto pubblico e del diritto europeo posso dire che se il protocollo prevede una precedenza del Presidente del Consiglio europeo, rispetto al Presidente della Commissione europea, allora il protocollo non è in linea con il diritto dei Trattati europei.
Affermerei in via di principio che il Presidente della Commissione europea è un organo a sé stante che concorre a comporre la stessa Commissione europea insieme ai Commissari europei; mentre il Presidente del Consiglio europeo pare somigliare di più ad un Ufficio dell’Istituzione Consiglio europeo, del quale peraltro fa parte insieme al Presidente della Commissione (art. 15, para. 2, Tue). È ben vero che entrambi i Presidenti sono indicati dal Consiglio europeo, ma solo il Presidente della Commissione è eletto dal Parlamento ed è il titolare del rapporto di fiducia dell’intera Commissione, compreso l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonostante la posizione di quest’ultimo possa apparire diversa da quella rivestita dagli altri Commissari.
Si può perciò dire che il Presidente della Commissione goda di una sua peculiare ed esclusiva legittimazione tra gli organi europei di rappresentanza delle Istituzioni, perché solo questo ha un legame con la rappresentanza politica dei “cittadini dell’Unione” e, nonostante la svalutazione di questa espressione compiuta dalla Corte di Karlsruhe, bisogna dire che ormai, da tempo, i “cittadini dell’Unione” sono una realtà vera a cui tutti i sinceri democratici dovrebbero inchinarsi.
In più non si può accreditare una rappresentanza esterna del Presidente del Consiglio europeo rispetto al Presidente della Commissione. In primo luogo la presidenza del Consiglio europeo non è dotata di una rappresentanza generale dell’Unione europea, bensì molto parziale. Infatti, la sua rappresentanza esterna dell’Unione riguarda solo “le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune”, cioè le politiche più squisitamente intergovernative, per le quali si fa fatica a far procedere l’integrazione europea, e per di più le sue attribuzioni in quel campo devono fare “salve le attribuzioni dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza”.
Nessuna rappresentanza generale può perciò essere attribuita al Presidente del Consiglio europeo, bensì una rappresentanza che si colloca un gradino sotto quello dell’Alto rappresentante e questo, pur nella particolarità della sua designazione è comunque un Vicepresidente della Commissione incardinato in seno a questa.
Né il Presidente del Consiglio europeo, né l’Alto Rappresentante, perciò, per le ragioni esposte, possono vantare una precedenza protocollare rispetto al Presidente della Commissione europea, da sempre capace di rappresentare l’Unione insieme al Presidente del Parlamento.
Si aggiunga, poi, che la Presidenza dell’Unione viene esercitata dagli stessi Stati membri secondo il principio della rotazione paritaria per il tramite dei rappresentanti di questi nel Consiglio.
Quanto sia importante questa presidenza, insieme a quella del Parlamento europeo, si mostra agevolmente per il fatto che gli atti giuridici di natura legislativa, adottati grazie alla collaborazione della Commissione, sono sottoscritti proprio da questi due Presidenti, ai quali perciò è attribuita la potestà di esprimere il vincolo della volontà legislativa dell’Unione europea.
Se si considera, poi, la rappresentanza internazionale dell’Unione europea nella stipula dei Trattati tra l’Unione e gli Stati terzi, dal combinato disposto degli articoli 17 e 27 Tue, con l’art. 218, para. 5, Tfue, è di tutta evidenza che questa è riservata alla Commissione e all’Alto Rappresentante, senza escludere peraltro la Presidenza a rotazione, e senza che nessuna di queste Istituzioni possa essere qualificata come ancillare rispetto all’altra.
L’Unione europea non è uno Stato, bensì una Federazione sui generis. Nel suo seno, perciò, l’ordine delle precedenze protocollari non può essere determinato in via formale, bensì solo riguardando il suo modo di funzionare, secondo i Trattati europei; e, in conclusione, non c’è alcun motivo giuridico o costituzionale per ritenere che il titolare di un Ufficio europeo, sia pure importante, come quello del Presidente del Consiglio europeo, possa precedere il titolare di organo, come il Presidente della Commissione europea, che, in sé, è anche una Istituzione europea.
Illustre e gentile Presidente von der Leyen,
mi auguro che le mie parole Le possano risultare di conforto nel prosieguo del Suo lavoro, che cerco di seguire con la dovuta attenzione da studioso appassionato del diritto europeo, e che La sostengano nel duro lavoro che affronta ogni giorno, a maggior ragione nella difficile condizione pandemica.
Mi auguro altresì che molto presto si apra il cantiere della “Convenzione sul futuro dell’Europa” e che quest’ultima in quella occasione possa far progredire l’integrazione europea ben oltre i limiti attuali, nell’interesse dei cittadini dell’Unione e dell’Unione stessa.
Le giungano i sensi della mia più viva ammirazione,
Suo
Stelio Mangiameli
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