Non si placa la tensione a Roma il giorno dopo gli scontri in centro per la manifestazione del movimento di ristoratori-commercianti “IoApro”: la protesta oggi è arrivata fino al Circo Massimo dove diverse categorie costrette sull’orlo del lastrico dalle chiusure per la pandemia si sono radunate pacificamente per manifestare contro i lockdown chiedendo immediate riaperture. Per centinaia di persone che hanno sfilato senza problemi – raccolte dalle associazioni “Roma più bella”, ”Ihn” (Italian hospitality network), ”Tni Italia” (Tutela nazionale imprese) e ”Lupe Roma” – la manifestazione “Una volta, per tutti” ha visto anche attimi di tensione per alcune decine di commercianti che si sono scontrate con le forze dell’ordine appena fuori il Circo Massimo.
Attimi di paura per la minacciata carica dei poliziotti in tenuta anti-sommossa anche se un vero scontro fisico non c’è stato, a differenza di quanto visto ieri e lo scorso 6 aprile davanti a Montecitorio: urla, rabbia, polemiche e contestazioni, con un centinaio di commercianti che ha tentato di dirigersi verso Palazzo Chigi. Dopo il quasi scontro, una delegazione di 5 persone è stata effettivamente accolta nei palazzi del Parlamento per discutere delle riaperture con esponenti di Governo. «Ci hanno lasciato in mutande», lamentano tanto a Roma quanto in diverse parti d’Italia tassisti, ristoratori, commercianti e ambulanti in protesta. Bloccati anche alcuni passaggi delle autostrade A30 (tra Caserta e Napoli) e A1 (a Orte, in direzione Nord)
“IO APRO”, LA PROTESTA SI ALLARGA IN TUTTA ITALIA
Netta è stata la condanna degli organizzatori della stessa manifestazione che non condivide i toni duri e le proteste violente che ledono la stessa bontà delle richieste avanzate da migliaia di ristoratori e categorie colpite dalla crisi economica: «Ci dissociamo da ogni iniziativa non programmata e violenta. Non cadiamo nelle provocazioni, noi stiamo qui e aspettiamo di poter incontrare qualcuno», è stato ripetuto più volte dal megafono della piazza al Circo Massimo. «Siamo un gruppo di ristoratori non siamo un’associazione di categoria, non abbiamo un partito politico, siamo solo ristoratori arrabbiati che si sono uniti per cercare una soluzione, per cercare di farsi ascoltare. Lo Stato non ci sta ascoltando, ha solamente dato dei piccolissimi e inutili ristori a noi proprietari e una misera cassa integrazione ai nostri dipendenti che ormai non ce la fanno più», ribadiscono altri commercianti in piazza, come riporta Repubblica, «Noi vogliamo solo lavorare, il governo ci ascolti seriamente. Si può riaprire con precisione e regole adatte».
La protesta in larga parte pacifica è stata condotta contemporaneamente in 21 altre città italiane, da Firenze a Genova, passando per Napoli e Palermo: «Lavoravo dalle 18 a notte fonda, da quando ci hanno chiuso ho fatturato il 20%, i miei dipendenti sono in cassa integrazione, prendono una miseria e la prendono anche tardi, ho provato a sostenerli il più possibile, ma ora è diventato difficile anche per me», ha detto Matteo Musacchi, presidente dei giovani imprenditori della Fipe, titolare di un ristorante e cocktail-bar a Ferrara -. «Oltre al fatto che stare in casa senza far nulla, per chi è abituato a lavorare 15 ore al giorno porta via di testa».