DA MINNEAPOLIS – E’ tutta mattina che leggo della morte di Daunte Wright. Un altro African American, un ragazzo di vent’anni, che non sarebbe dovuto morire come è morto. E’ successo a poche miglia da dove si sta svolgendo il processo Chauvin per la morte di George Floyd. Possibile che non si riesca ad arginare questa insensata violenza?
Minneapolis sembra diventata la terra delle tragedie razziali, dove qualsiasi incontro tra bianchi e neri pare debba finire nel sangue e trasformarsi in violenza collettiva, scatenando guerriglia urbana. E tutto comincia sempre da una sciocchezza. Se per Floyd era stato un biglietto falso da 20 dollari per comprare un pacchetto di sigarette, per Wright, a quanto si è capito fino a questo momento, di un qualcosa appeso allo specchietto retrovisore, pare uno di quegli alberelli profumati o qualcosa del genere. In Minnesota non si può. Appendere cose allo specchietto retrovisore qui, come in svariati altri Stati, è vietato. Vivo qui anch’io, ma non lo sapevo. Ho una croce appesa allo specchietto, ma non mi ha mai fermato nessuno. E’ brutto a pensarsi, e ancor più brutto a dirsi, ma sembrerebbe legittimo dedurre che nessuno mi abbia mai fermato perché sono bianco.
Nei tanti anni di vita americana mi è capitato un po’ di volte di essere pulled over, di essere fermato dalla polizia. Non dà gusto neanche se sei bianco. La prima volta, in New Jersey, fu la peggiore. Lo racconto sempre, ma vale la pena ricordarlo. Intimato ad accostare dopo aver commesso un’infrazione di cui non ero consapevole, lo feci disciplinatamente, per poi scendere dalla vettura non appena parcheggiato con l’idea di far valere le mie ragioni e ritrovandomi con il Patrol Officer che mi puntava la pistola. La regola è quella: ti fermano? Accosta e stai fermo al tuo posto con le mani ben visibili sul volante. Questo vale per tutti, in America lo sa anche il gatto, ma, come rifletteva ieri sera un commentatore televisivo, quando ci si ritrova tallonati da quei fari rossi e blu delle auto della polizia i brividi gelidi sulla schiena vengono solo alle persone di colore. A noi bianchi viene solo un senso di fastidio.
Daunte Wright è morto perché ha tentato di scappare e la poliziotta che l’aveva fermato ha confuso la fondina del Taser con quella della pistola d’ordinanza, ha sparato e l’ha ucciso. Possibile? Wright scappava. Mai farlo. Ma perché scappava? Perché aveva già avuto rogne con la legge per via della marijuana. Magari aveva della marijuana in macchina, l’avrebbero trovata, l’avrebbero multato o magari portato al Distretto…
Marjuana. Lasciamo perdere come la penso io, ma oggi come oggi se fumi sigarette sei un poco di buono, se ti fai gli spinelli, che male c’è? Qui in Minnesota è ancora reato, ma cosa di poco conto e nessuno ci fa più caso. E la poliziotta? Confondere la pistola per il Taser… Un errore così assurdo e catastrofico da sembrare impossibile. Ma è forse possibile che volesse veramente uccidere? Una poliziotta ferma un giovane di colore per ucciderlo? E Chauvin? E’ forse possibile che Chauvin con quel ginocchio sul collo volesse veramente soffocare Floyd? Eppure quel ginocchio era lì, quella pistola ha sparato… E adesso tutti per le strade di Minneapolis a ribaltare il mondo.
Sembra ineluttabile che i bianchi guardino i neri come criminali, e troppo spesso come tali li trattino. E altrettanto ineluttabile sembra l’odio dei neri verso i bianchi perché da che mondo è mondo l’uomo bianco ha abusato di loro.
C’è qualcosa in questo mondo che può rendere possibile guardarsi come esseri umani e non nemici?
God Bless America!
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