Il Pil cinese è cresciuto del 18,3% nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2020; è il tasso più alto da quando sono disponibili le statistiche (anni ’90). Sotto questo dato si nascondono diversi elementi. È vero innanzitutto che il confronto è estremamente favorevole perché un anno fa l’economia cinese subiva tutti gli effetti delle chiusure; allo stesso modo il dato dimostra la rapidità della ripresa sia nei confronti degli Stati Uniti che, soprattutto, dell’Europa ancora alle prese con chiusure dure che coinvolgono molti settori e attività. Secondo il portavoce dell’ufficio nazionale di statistica cinese, “la crescita continuerà per tutto l’anno”.
La Cina è uscita prima e meglio dei suoi competitor globali dai lockdown con tassi di vaccinazione che non sono particolarmente alti. La riapertura “prima degli altri” ha un duplice effetto: il primo è che l’economia cresce e rafforza il sistema Paese “in generale”, il secondo è che le imprese delle economie che riaprono prima hanno un vantaggio competitivo nei confronti delle altre sia per la ripartenza del mercato interno, sia per la fine di limitazioni che coinvolgono i lavoratori imponendo costi e difficoltà aggiuntive.
Il dato di ieri è l’occasione per precisare quale siano le lenti con cui leggere i dati economici che verranno comunicati nei prossimi mesi. Il confronto con il 2021 è già estremamente favorevole per la Cina e per gli Stati Uniti e a un certo punto, si spera, lo sarà anche per l’Europa. La percentuale però in questo caso non racconta “molto” per l’eccezionalità delle condizioni economiche dei Paesi sottoposti a lockdown nel 2020 o in questi mesi. Bastano riaperture, per quanto minime, per generare confronti impietosi e percentuali di recupero. Anche confrontare la performance con il 2019, quando l’economia funzionava regolarmente, rischia di non raccontare tutta la storia perché nel 2021 si potrebbero manifestare effetti potenzialmente molto positivi e distorti sui consumi. Ci sono intere categorie che hanno continuato a ricevere uno stipendio ma non hanno potuto consumare perché i ristoranti erano chiusi, i viaggi impossibili e così via. È possibile, in sostanza, che ci sia un effetto di breve periodo apparentemente molto positivo anche rispetto al 2019.
Arriverà un momento in cui anche l’Europa e l’Italia mostreranno tassi di crescita molto positivi. È sufficiente che le riaperture partano un mese prima dell’anno scorso per creare un confronto, facilissimo, con un’economia in condizioni semi-apocalittiche. Non sarà però merito di nessuno se non delle riaperture.
Quello che conta è il tempo che occorrerà alle diverse economie globali ed europee per tornare al punto di partenza in termini di Pil e, soprattutto, di occupati “veri”. Questo è il metro che “taglia” tutti gli effetti base, perché l’epidemia è arrivata in tempi diversi, e la diversità dei lockdown tra i Paesi; questi sono avvolti da una cortina fumogena impressionante che ignora quello che succede veramente a Madrid, dove la gente va al circo e cena al ristorante da diverse settimane, a Parigi o a Berlino, dove coprifuoco e blocchi negli spostamenti non sono mai esistiti. La cortina fumogena continua nonostante le statistiche su consumi (elettrici per esempio) e chilometri percorsi siano di facile consultazione.
L’economia cinese, in termini di Pil, è già tornata al punto di partenza “pre-pandemia”. Gli Stati Uniti ci torneranno nella metà del 2021. L’Europa invece dovrà aspettare a seconda dei Paesi, la metà del 2022 (la Germania), o addirittura il 2023 (l’Italia). La velocità della ripresa è ovviamente influenzata dall’importo degli aiuti statali, ma chi ha pagato con gli aiuti pagherà di meno con la contrazione dell’economia e viceversa. Gli aiuti a un certo punto finiranno e si vedrà quanti benefici e quanti costi hanno comportato, ma oggi è troppo presto per fare queste valutazioni.
Il dato cinese ci obbliga ad accorgerci di chi è partito per prima e con che velocità e chi invece arranca e poi di quanto occorrerà, alle varie economie, per arrivare al Pil “pre-pandemia”. Più passa il tempo, più le narrazioni sulla capacità di gestione della pandemia e sull’organizzazione della ripresa si scontreranno con la realtà a partire da quella che dovrebbe essere già evidente: non ci sono riforme, né aiuti, né Governi che possano sostituire la riapertura.
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