QUOTA 102, COME FUNZIONA
Mentre i sindacati attengono una convocazione nelle prossime settimane al Ministero del Lavoro, è la riforma di Quota 102 ad avere le principali credenziali per “sostituire” la legge sulle pensioni adottata dal primo Governo Conte. Come noto, la pensione anticipata vedrebbe ancora fermo il dato sui contributi (38 anni) ma riservata ai soggetti come minimo di 64 anni d’età: da qui, 64+28, ecco la Quota 102. Ma a chi andrebbe riservata questa particolare legge pensionistica in studio al Ministero del Lavoro? In primis donne, caregivers, precoci, ma nello specifico questi sarebbero gli sconti possibili: riduzione di 8 mesi sui contributi richiesti per ogni figlio alle donne; riduzioni contributive pari a un anno per chi assiste da almeno 5 anni un familiare con handicap grave; maggiorazione del 25% degli anni di lavoro prestati tra i 17 e i 19 anni per i lavoratori precoci. (agg. di Niccolò Magnani)
CAZZOLA SUL RISCHIO SCALONE DOPO QUOTA 1001
Il vero nodo che terrà occupati e non per poco i tecnici del Ministero del Lavoro e i sindacati nei prossimi mesi sarà lo scongiurare dello “scalone” che potrebbe crearsi dopo la scadenza della legge Quota 100: la nuova riforma pensioni che il Governo Draghi dovrà presentare nella prossima Manovra di Bilancio dovrà evitare una misura iniqua come avvenuto anni fa con l’introduzione della Legge Fornero durante l’esecutivo tecnico guidato da Mario Monti. Secondo l’esperto di politiche del lavoro ed ex sindacalista Giuliano Cazzola la partita per evitare lo scalone non sarà affatto facile: come scrive oggi nel suo fondo su “Startmag.it”, «coloro che non saranno in grado di far valere i requisiti del trattamento anticipato con 42 anni e 10 mesi (un anno in meno se donne) a prescindere dall’età anagrafica, dovranno attendere la pensione di vecchiaia a 67 anni (con almeno venti anni di contributi». Per evitarlo serve lavorare per tempo e possibilmente lontano dalle polemiche che potrebbero esacerbare la trattativa, anche per questo il Governo Draghi per il momento tiene una sorta di “tregua” sulle pensioni. Scrive ancora Cazzola di come nel 2007 l’allora Governo Prodi «fu indotto a smorzare lo scalone che sarebbe scattato il 1° gennaio 2008: uno scherzo da prete ereditato dal governo precedente. La riforma del 2004 aveva disposto che dal 1° gennaio 2008, il requisito anagrafico del trattamento di anzianità salisse da 57 a 60 anni (nella pubblicistica era stata introdotta correntemente l’immagine dello scalone) per arrivare gradualmente negli anni successivi a 61-62 anni per i lavoratori dipendenti e a 62-63 per gli autonomi (il limite rispettivamente dei 62 e dei 63 anni era condizionato ad una verifica degli andamenti del sistema)». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GHISELLI
Secondo Roberto Ghiselli, “è veramente incomprensibile che il Ministro del Lavoro, a due mesi dal suo insediamento, non abbia ancora avviato un confronto con le organizzazioni sindacali su un tema importante e urgente come la previdenza, malgrado le diverse richieste e sollecitazioni”. Il Segretario confederale della Cgil evidenzia anche che “il Def 2021 conferma che la spesa pensionistica italiana non è fuori controllo e i ripetuti tagli alla previdenza sono stati in questi anni il principale strumento di contenimento della spesa pubblica. Inoltre i dati pubblicati non tengono conto che nel computo della spesa pensionistica sono imputati impropriamente più di tre punti di spesa di altra natura”. Dunque arriva un nuovo sollecito da parte sindacale al Governo a riaprire il confronto sulla riforma pensioni.
LA RICHIESTA AL GOVERNO
Tra l’altro, secondo Ghiselli, “l’effetto della pandemia e il basso ricorso a Quota 100 stanno liberando ulteriori risorse che consentirebbero un intervento di riforma basato sulla flessibilità in uscita dopo 62 anni o con 41 anni di contributi, sulla salvaguardia previdenziale di donne, giovani, precari, disoccupati con un’età avanzata e chi fa lavori gravosi”. Un intervento importante perché, spiega il sindacalista, “la questione pensionistica è una ferita ancora aperta e le lavoratrici ed i lavoratori, di tutte le generazioni e i generi, si aspettano risposte vere e immediate, e non semplici ritocchi improvvisati ad una normativa che è la più penalizzante d’Europa. Si riprenda al più presto il confronto”.