Sono state chiuse dalla procura di Genova le indagini in merito al crollo del Ponte Morandi, il viadotto tristemente noto per essere collassato il 14 agosto del 2018, provocando la morte di 43 persone. Dopo quasi tre anni e due incidenti probatori, i pm sono arrivati alla conclusione che in 51 anni non sono mai stati eseguiti i lavori “sulla pila 9”, e che “i sensori segnalarono anomalie nel 2016″. In poche parole, dall’inaugurazione del Ponte Morandi di Genova datato 1967, fino al suo successivo crollo, non è “mai stato eseguito il benché minimo intervento manutentivo di rinforzo sugli stralli della pila 9”, quella che ha fatto poi venire giù tutto.
Inoltre “nei 36 anni e 8 mesi intercorsi tra il 1982 e il crollo, gli interventi di natura strutturale eseguiti sull’intero viadotto Polcevera avevano avuto un costo complessivo di 24.578.604 euro: il 98,01% stati spesi dal concessionario pubblico e l’1,99% dal concessionario privato”. Ne è emerso che ogni anno il Ponte Morandi è costato di spese di intervento allo Stato di più di un milione di euro, una cifra decisamente più grande rispetto ai soldi spesi dal privato: “la spesa media annua del concessionario pubblico era stata di 1.338.359 euro (3.665 al giorno), quella del concessionario privato di 26.149 euro (71 al giorno)”.
PONTE MORANDI, INDAGINE CHIUSA: “NEL 2016 SEGNALATE ANOMALIE”
Sempre dalle carte a conclusione delle indagini sul Ponte Morandi emerge che fino al 2008 “nessun sistema di monitoraggio strumentale era mai stato installato sul viadotto, a parte quello destinato a tenere sotto controllo la pila 11, oggetto dei lavori di rinforzo degli stralli, che, installato nel 1995 e rivelatosi un fallimento, veniva abbandonato nel 1998″. Nel 2008, poi, è stato inserito un sistema di monitoraggio ma che i pm definiscono “modesto e inidoneo”, ed inoltre, “limitato al solo impalcato compreso tra i sistemi bilanciati”. Il 7 luglio del 2016 i cavi del sistema di monitoraggio erano stati tranciati in maniera accidentale e “da allora, il sistema non veniva più ripristinato”. In merito agli avvisi segnalati prima della caduta, i magistrati scrivono che “nel periodo immediatamente precedente il tranciamento dei cavi (maggio-luglio 2016), il sistema di monitoraggio installato da TECNO-EL aveva evidenziato che gli inclinometri posizionati sulle pile 9 e 10 – ma soprattutto i primi – a differenza di quelli posizionati sulla pila 11, segnalavano movimenti anomali e inattesi dell’impalcato, che avrebbero imposto immediati approfondimenti sulle condizioni della struttura allo scopo di individuarne le cause, ma che venivano totalmente ignorati da Aspi e Spea”.