Il professor Nicola Mumoli lancia l’allarme: il rischio è quello di giocarsi l’estate. Il primario di medicina interna e responsabile dei reparti Covid degli ospedali di Magenta e Abbiategrasso è intervenuto ai microfoni di Tagadà ed ha fatto il punto della situazione sull’emergenza Covid-19: «Ero veramente molto ottimista a Pasqua e ho detto che la curva sarebbe calata. Un lieve miglioramento c’è stato, ma ci siamo fermati ad una condizione stabile: da quel giorno purtroppo continuiamo a ricoverare 4-6 pazienti al giorno. Siamo in una fase di stallo, la curva ha un plateau e non scende».
«L’anno scorso di questi tempi non facevamo più ricoveri, i reparti si sono svuotati ed a maggio non avevamo più pazienti Covid. Oggi non riusciamo a chiudere reparti Covid, il numero di pazienti ricoverati è uguale a quello che viene dimesso: sono un po’ preoccupato», ha spiegato Nicola Mumoli ai microfoni di La7, commentando così le riaperture stabilite dal governo: «Cosa dico se mi parlano delle aperture? Mi cadono i capelli, quei pochi che mi rimangono (ride, ndr). Io rispondo così perché vedo quello che succede qui nel mio reparto: secondo me è un po’ azzardato, l’apertura è avvenuta troppo in anticipo. Avrei aspettato un numero di vaccinati molto più alti, c’è il rischio varianti e non vorrei che la curva non calasse e ci fosse un continuo stallo».
NICOLA MUMOLI: “STIAMO RICOVERANDO TANTI GIOVANI”
Come evidenziato in precedenza, il professor Nicola Mumoli non si è detto fiducioso sulle prossime settimane: «Rischiamo di giocarci l’estate purtroppo: è vero che possiamo anche agire di conseguenza e diventare immediatamente rossi. Ma quando si chiude è ormai troppo tardi. Lo so che dico cose forti e dico che c’è molta stanchezza, ma l’importante è che la stanchezza non porti alla perdita di testa». E l’esperto ha lanciato l’allarme: «Con questa terza ondata stiamo ricoverando tanti giovani: in una settimana abbiamo ricoverato due ragazzi di 30 anni senza alcuna patologia. Sono pazienti molto più giovani ed hanno bisogno di ossigeno molto importante. E vediamo trombosi venose più frequenti rispetto a prima – ha concluso Nicola Mumoli – come se la malattia fosse un po’ più violenta».