Nelle due precedenti puntate sono stati narrati i drammatici capovolgimenti di fronte e di sorti che caratterizzarono la guerra di Corea dal suo inizio (25 giugno 1950) alla sconfitta americana sul fiume Yalu (novembre-dicembre 1950). La nomina del generale Matthew Rigdway a capo dell’VIII armata aveva portato a un considerevole miglioramento della disciplina e dell’organizzazione delle forze dell’Onu e le offensive limitate e graduali, nelle quali gli americani sfruttavano la propria incomparabile potenza di fuoco, avevano portato alla riconquista di Seoul il 15 marzo 1951.
Fu proprio allora che il generale MacArthur, che già più volte aveva sfidato apertamente il presidente Truman, fece dichiarazioni mirate a richiedere un maggiore impegno per una vittoria totale e militare anche con l’impiego della bomba atomica sulla Cina e di forze nazionaliste cinesi: opzioni che avrebbero portato a una guerra mondiale. Dopo essersi consultato con il generale Marshall, col segretario di stato Acheson e con lo stato maggiore delle forze armate, Truman destituì Mac Arthur l’11 aprile. Un gesto contestato da molti, ma che salvò la democrazia degli Stati Uniti e, probabilmente, il mondo intero e che stabiliva alcuni punti fondamentali: 1. La vittoria militare non poteva essere il solo obiettivo perché la guerra con il comunismo sarebbe stata assai lunga; 2. il potere politico, come ai tempi di Lincoln, doveva avere la prevalenza su quello militare.
Rigdway divenne comandante in capo delle forze dell’Onu e il generale James van Fleet divenne comandante dell’VIII armata. Pochi giorni dopo l’esercito cinese sferrava una grande offensiva per conseguire una vittoria definitiva. Sulle rive del fiume Imjin, davanti a Seoul, si combatté una delle battaglie più decisive della storia. Se i cinesi fossero riusciti a sfondare il fronte e a circondare ed annientare le divisioni americane e coreane del I corpo d’armata, Seoul sarebbe di nuovo caduta e difficilmente i governi occidentali avrebbero sopportato una simile sconfitta.
Per raggiungere questo obbiettivo tre divisioni cinesi attaccarono nel mattino del 22 aprile la 29esima brigata del Commonwealth il cui nerbo era composto da tre battaglioni di fanteria britannici (Gloucestershire Regiment, Royal Northumberland Fusilers, Royal Ulster Rifles), da un battaglione belga e dallo squadrone C dei King’s Royal Irish Hussars, dotati dei magnifici carri “Centurion”. Il battaglione belga era composto da 700 volontari, selezionati su 3000 aspiranti a combattere in Corea: questo era lo spirito che animava quella piccola nazione appena reduce dai disastri della guerra. Tra essi il maggiore Ernest Moreau de Melen che, a quasi cinquant’anni, diede le dimissioni da ministro della Difesa per arruolarsi e combattere (ogni riferimento a politici belgi attuali è puramente non casuale e volutamente impietoso). La battaglia dell’Imjin durò tre giorni, ininterrottamente; 72 ore di lotta terrificante dove la brigata compì prodigi di valore. I Glosters si fecero annientare sul posto per permettere la ritirata al resto del I corpo. In quei tre giorni inglesi, irlandesi e belgi inflissero perdite spaventose ai cinesi: 11mila uomini, il 40% della forza impegnata. Il generale van Fleet disse che i Glosters erano stati “il più luminoso esempio di coraggio dimostrato da un’unità nella storia della guerra moderna” ma, forse, sarebbe meglio dire che l’unico paragone adatto ai Glosters è quello degli spartani alle Termopili.
L’offensiva cinese fallì e il 23 giugno 1951 l’ambasciatore sovietico alle Nazioni Unite propose il cessate il fuoco. Le negoziazioni durarono ben due anni durante i quali vi furono ancora battaglie sanguinose in una guerra di trincea degna della Grande guerra.
Eppure quelle Nazioni Unite seppero tener duro e soldati di ogni parte del mondo diedero prova di una valore superbo di cui il nemico dovette tener conto. Pochi oggi ricordano le gesta leggendarie del battaglione francese sulla “Heartbreak Ridge” comandate dal colonnello Raoul Magrin Verneray detto Monclar che, a 52 anni, rinunciò al grado di generale di brigata per poter comandare il proprio battaglione; o il contingente turco, imbattibile nel corpo a corpo e gli olandesi e i greci, sempre incrollabili e tenaci fino al battaglione “Kagnew” (conquistatori) della Guardia imperiale etiopica e ai mille colombiani che rivaleggiarono coi “marines” nella conquista della collina “Old Baldy”. A quella guerra parteciparono anche i giovanissimi Michael Caine e Clint Eastwood che, ancora oggi, conservano una grinta assolutamente rispettabile.
La guerra in ogni modo finì perché, ringraziando l’Onnipotente, Josef Stalin fu colpito da un’emorragia cerebrale a fine febbraio 1953, proprio mentre stava progettando un attacco all’Occidente che avrebbe visto come alleati partiti comunisti occidentali (compreso quello italiano di Palmiro Togliatti) i quali “lottavano per la pace”. Ma questa è un’altra storia.
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