La morte di Marco Pantani, il grande campione di ciclismo, avvenuta il 14 febbraio 2004 in un residence di Rimini, resta dopo anni ancora avvolta nel mistero. Come è noto, il decesso fu attribuito ad un mix letale di cocaina e psicofarmaci ma ci sarebbero molte circostanze che avrebbero contribuito a sollevare non pochi dubbi. Tre mesi prima della sua tragica morte, in una intervista Pantani diceva di non volersi arrendere per nessun motivo al mondo. “Marco è stato ucciso”: a sostenerlo ora come allora con forza è la madre del campione di ciclismo, la signora Tonina Belletti, che da 17 anni non smette di lottare e di cercare la verità attorno alla morte del figlio. In una intervista a Giovanni Terzi per Libero Quotidiano, la signora Tonina ha spiegato perché a suo dire il figlio sarebbe stato ucciso: “Perché lui voleva parlare e far emergere ciò che esisteva dietro al ciclismo in quegli anni”. Tutto ebbe inizio dopo la squalifica dal Giro d’Italia 1999 di Pantani per via degli alti valori di ematocrito attorno ai quali esistono ancora controversie. La madre ha svelato: “Inoltre, e nessuno lo sa, fu proprio Marco, insieme a qualche altro corridore, a proporre e ottenere che ci fosse un limite massimo consentito di ematocrito nel sangue”.
Fu Marco, dunque, a costringere la Federazione a imporre dei limiti dopo essersi accorto – spiega la madre – che alcuni ciclisti iniziarono ad accusare problemi di salute a causa del doping. Eppure, svela ancora, dopo 6 mesi dalla squalifica di Marco quel limite imposto a 50 di ematocrito fu addirittura tolto.
MARCO PANTANI, SQUALIFICA STUDIATA A TAVOLINO?
Secondo la madre di Marco Pantani, il giorno in cui il ciclista fu trovato positivo al doping, a Madonna di Campiglio, fu tutto costruito a tavolino: “Innanzitutto perché fu Marco stesso, arrivato a casa dopo la squalifica, a dirmelo. Era sconvolto. Inoltre tutti si controllavano la sera prima il valore di ematocrito, e così fece mio figlio, risultando nella norma”. In quella circostanza, la donna non ha dubbi, qualcuno volle a tutti i costi la sua squalifica, riuscendoci. Un altro momento che secondo la madre di Marco fu importante per “far comprendere che ci fu una cospirazione voluta da qualcuno nei confronti di mio figlio” fu la lettera che le fu inviata da Vallanzasca che svelava un presunto giro di scommesse clandestine. “Il mondo del ciclismo in quegli anni era spietato, e sono convinta che Marco pagò anche il rifiuto di passare a un’ altra importante squadra”, ha aggiunto Tonino. Ad una in particolare Marco disse di no e secondo la madre quel diniego lo pagò con la sua stessa vita.
IL GIALLO ATTORNO ALLA MORTE
In merito alla data tragica, quella della sua morte, Tonina ha ribadito le sue idee: “Marco è stato ucciso. Gli hanno tappato la bocca perché voleva raccontare i retroscena nel ciclismo”. Tanti gli elementi che l’hanno portata a credere ciò, a partire dalla testimonianza del volontario del 118 che giunse nel residence restandoci 45 minuti senza mai trovare traccia di cocaina né sangue. “Io sono convinta che non fu ucciso in quel residence, ma altrove. E poi portato lì”, dice la madre. Ancora oggi la madre non digerisce il modo in cui suo figlio fu descritto nè comprende come sia possibile che il suo corpo fosse pieno di ematomi. A fare da contorno a questa triste storia la grande reticenza di tante persone. Tonina aggiunge: “Marco non era solo quella notte”. Sola, invece, è rimasta lei dopo la sua morte poichè nè la manager nè l’allora fidanzata si sono più fatte vive. “Io so solo che mio figlio non mi vuole accanto a lui in cielo, perché devo combattere per lui sulla terra. Marco voleva la verità e io la cercherò per lui, affinché una volta individuati i responsabili io e il mondo li si possa guardare negli occhi”, ha chiodato la donna.