Gli anticorpi monoclonali saranno presto somministrati a tutti i contagiati Covid? Una domanda alla quale oggi è ancora arduo fornire risposta certa, ma si può affermare, senza alcun timore di smentita, che è questa la direzione in cui la medicina e la scienza stanno cercando di andare, tanto che nella settimana corrente l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) fornirà la propria autorizzazione all’esecuzione di uno studio clinico, denominato “Mantico”, riservato a persone che non presentano fattori di rischio e ideato da un team di esperti guidato da Evelina Tacconelli, direttore di Malattie infettive presso l’azienda ospedaliera di Verona.
Come riporta “Il Messaggero”, tale indagine prevede il coinvolgimento di soggetti pauci-sintomatici senza comorbidità e d’età superiore a 49 anni. In particolare, “saranno circa 1260 i pazienti che potranno essere curati. I centri che parteciperanno allo studio clinico valuteranno tra i 50 e i 90 soggetti ciascuno, a seconda del numero finale, e saranno utilizzati gli anticorpi Lilly e Roche. Solo alla fine dello studio si potrà capirà quali siano quelli che funzionano di più per eliminare i sintomi”. Tuttavia, per risultare efficace, la terapia deve essere somministrata entro 4 o 5 giorni dalla comparsa della sintomatologia.
MONOCLONALI, CURA PER TUTTI I CONTAGIATI?
Qualora gli esiti di tale studio coincidessero con il disegno tracciato mentalmente dagli scienziati, sarebbe possibile allargare la platea dei destinatari degli anticorpi monoclonali anche ai soggetti non a rischio, ammesso che si riesca a ridurre la difficoltà di reperimento di tale cura. “Bisogna innanzitutto facilitare la gestione del paziente da parte del medico di medicina generale o del medico dell’Usca – ha affermato sulle colonne de ‘Il Messaggero’ Filippo Drago, ordinario di farmacologia dell’Università di Catania e componente della task force sul Covid della società italiana di Farmacologia –. Noi abbiamo la possibilità di usare il farmaco in più soggetti, ma non riusciamo ancora a farlo. Se più avanti Aifa allargasse la platea, noi avremmo ancora più pazienti da trattare, che rischierebbero di restare senza monoclonali perché la gestione della macchina è ancora troppo complicata”. Urge, in buona sostanza, un adeguamento.