Dal Recovery ai problemi del mondo del lavoro, Maurizio Landini a tutto tondo ai microfoni de La Stampa. «Bisogna cambiare modello di sviluppo e la chiave può essere il Recovery plan. Ma il governo deve ascoltarci, perché non si cambia il Paese senza o contro il mondo del lavoro», le parole del segretario generale della Cgil, che ha poi rimarcato che sarà il lavoro a sconfiggere il virus ed a costruire un altro modello sociale.
Maurizio Landini ha acceso i riflettori sul piano di investimenti legato alle risorse europee, che rappresenta l’occasione di cambiare e di tornare ad affermare che attraverso il lavoro le persone possono vivere dignitosamente: «Fino a ieri si pensava che il mercato da solo potesse risolvere questi problemi, mentre è sotto agli occhi di tutti che invece c’è da cambiare modello. Per questo il Primo maggio dà un messaggio di speranza e di coraggio. Ma contemporaneamente è anche una giornata di mobilitazione per affrontare questi cambiamenti».
MAURIZIO LANDINI: “ORLANDO? MEGLIO NON DARE NUMERI”
Maurizio Landini
ha poi denunciato un coinvolgimento «assai scarso» dei sindacati nell’elaborazione del Recovery Plan, sottolineando che i titoli del piano vanno riempiti di contenuti: «Dalla riforma fiscale, per una vera lotta all’evasione ed una vera riduzione delle tasse sul lavoro dipendente e i pensionati, alla riforma della pubblica amministrazione, a nuove politiche industriali sino ad un piano di rilancio». Maurizio Landini ha invocato investimenti per creare lavoro, puntando fortemente su donne, giovani e Sud, mentre si è poi espresso così sulle ultime dichiarazioni del ministro Andrea Orlando ( «con il Recovery si può recuperare quel milione di posti di lavoro persi nell’ultimo anno e magari andare anche oltre», ndr): «Io in questi anni ho imparato che è meglio non dare numeri e mantengo questa linea. Dico però che non solo dobbiamo realizzare bene questi investimenti, ma abbiamo anche bisogno che ripartano gli investimenti privati che in questi anni sono mancati, così come abbiamo pagato l’assenza di una politica industriale. Per questo vogliamo discutere quali filiere produttive si costruiscono nel nostro Paese sulla base di questi investimenti».