I numeri sono importanti: 13 miliardi, metà per la costruzione accelerata di reti di nuova generazione e metà per i nuovi servizi, le “app” pubbliche (dalla sanità all’education) che faranno da leva per la proiezione nel futuro gli italiani giovani e meno giovani. Vittorio Colao, chiamato da Mario Draghi a guidare la Transizione digitale, ha però quasi lasciato sullo sfondo l’entità delle risorse che il Pnrr gli metterà a disposizione. Nelle sue prime uscite comunicative – rigorosamente dopo aver lavorato per due mesi con i i colleghi dell’esecutivo al Recovery italiano – il ministro ha invece battuto su due tasti.
Se c’è una cifra davvero cruciale per un’Azienda-Italia chiamata a riprendersi non solo dalla pandemia, questa è il tempo (cinque anni) che l’Ue ha assegnato anche all’Italia per impiegare i fondi. Che vanno spesi anzitutto rispettando le scadenze (“Il solo secondo semestre 2021 – ha incalzato Colao – rappresenta già il 9% dell’arco temporale Recovery”). I 200 miliardi abbondanti del piano andranno investiti tutti e bene. In breve: sarà una stagione-test in sé per un Paese che ha sempre dato scarsa prova di europeismo nel reggere ritmi e regole dell’Europa che pure ha contribuito a fondare. Essere “uguali” nel’Ue è un diritto ma anche una responsabilità. È un impegno di “legalità democratica”: che viene affermata anzitutto nell’affiatamento con cui in Ventisette dell’Unione si mostrano capaci – nel passaggio-Recovery – di uno stesso livello civiltà istituzionale e socioeconomica. Ma la sfida non è diversa all’interno di un singolo sistema-Paese: e anche su questo versante Colao negli ultimi giorni è stato chiaro e pressante.
Digitalizzare l’Italia non significa tanto – o soltanto – posare migliaia di chilometri di fibra ottica, modernizzare i software della Pa, dotare tutti i cittadini (soprattutto gli studenti) di accessi reali ed evoluti alla rete. Un vero Paese digitale è quello in cui tutti giungono a possedere pari opportunità effettive e consapevoli: è un Paese in cui la svolta digitale e il colpo di reni post-Covid restringono gap aperti da decenni (a cominciare dalla produttività del lavoro e dall’imprenditorialità in aree svantaggiate). Ma in un’Italia digitale sarà più facile esercitare i propri diritti e – nondimeno – rispettare i doveri. Sarà un ambiente civile e sociale in cui le regole potranno essere applicate di più e meglio anzitutto perché sarà più facile, meno costoso. Un’Italia in cui procedure e controlli saranno più efficienti, ma anzitutto i comportamenti potranno essere più trasparenti.
L’Italia digitale – nella sintesi del Colao-pensiero – sarà un Paese più uguale e più legale. Quindi più democratico.
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