Il cavalier Giuseppe Condorelli, considerato il re dei torroncini, ha denunciato alcuni mafiosi che lo avevano minacciato chiedendogli il pizzo, facendoli arrestate. Il 54enne con moglie e due figli, è il titolare dell’omonimo stabilimento che sorge in provincia di Catania, ai piedi dell’Etna, e che produce quei famosi dolcetti che ogni Natale vengono pubblicizzati dal simpatico faccione di Leo Gullotta: «Mi chiamò di notte una domenica di marzo (di due anni fa ndr) il guardiano spaventato davanti a quel “pizzino” – racconta Condorelli ai microfoni del Corriere della Sera – una volata fra le stradine di Belpasso. Ne parlai con mia moglie Serena e andai subito dai carabinieri». Il Cavaliere racconta di non aver mai avuto paura nel denunciare: «Mai un dubbio per me e mia moglie. Noi vogliamo solo fare vivere i nostri due figli di 14 e 15 anni in una terra senza mafia, senza soprusi».
Le indagini sono iniziate nel 2019, e due giorni fa i carabinieri del colonnello Rino Coppolla hanno messo le manette a 40 boss locali, nonché ad un paio di imprenditori che avrebbero appoggiato la mafia catanese sperando di fare un torto proprio ai Condorelli. Ma le minacce sono in realtà iniziate più di 20 anni fa: «Il primo assalto risale al 1998, quando ancora c’era la lira e, rispondendo al telefono, mi sentii chiedere 100 milioni in contanti. Abbiamo subìto tanti altri tentativi di estorsione, anche quando mio padre era vivo. Tutto sempre immediatamente denunciato alle forze dell’ordine». Quindi, sui 100 milioni di lire: «Pensavo allo scherzo di un cretino. Misi giù la cornetta. Richiamarono 10 minuti dopo: “L’hai capito che ti facciamo saltare?”. Lo dissi a mio padre: “Io vado dai carabinieri”. E lui: “Ti accompagno”. Per un mese restammo in casa aspettando le altre chiamate, fingendo di trattare, finché li arrestarono in una cabina telefonica appena fuori paese».
CONDORELLI: “NOI SVOGLIAMO UN RUOLO SOCIALE, ETICO”
Condorelli è convinto che denunciare sia «un obbligo per l’imprenditore che in questa Sicilia devastata non ha solo una funzione economica, perché noi svolgiamo un ruolo sociale, direi etico. Ecco perché occorre trovare il coraggio. Altrimenti il male non sarà mai sradicato e noi costringeremo i nostri figli a muoversi in una realtà sempre peggiore». Stando al re del torroncino non ci sono più alibi per non segnalare i mafiosi: «Ormai ci sono le condizioni per stare dalla parte della legalità, come mi ha insegnato a fare mio padre. Allora forse c’era qualche incertezza. Oggi non ci sono più alibi. Ogni volta che ci siamo rivolti ai carabinieri della vicina Paternò o al comando provinciale dell’Arma l’impegno attorno a noi è apparso subito concreto e visibile. E scatta la mano dello Stato».