Giovanni Sebastiani, matematico del Cnr, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di “Open” per un’intervista video nella quale ha analizzato approfonditamente la questione connessa alla pandemia di Coronavirus e agli ingressi nelle terapie intensive, fornendo uno spaccato tutt’altro che rassicurante: “Nella curva depurata dagli ingressi giornalieri, che stimo attraverso un modello, assistiamo a una discesa, ma nella sua parte finale c’è anche una frenata della discesa”, ha spiegato l’esperto.
Dunque, “disaggregando il dato a livello regionale, ci accorgiamo che, su 21 regioni e province autonome, dieci possiedono in realtà la media degli ingressi nelle terapie intensive degli ultimi sette giorni superiore a quella dei sette giorni precedenti”. Non solo: “Otto di esse hanno fatto segnare un incremento che percentualmente supera il 10%, con punte molto alte. È il caso dell’Abruzzo, dove si è registrato un un aumento della media settimanale di nuovi ingressi in terapia intensiva di poco inferiore all’80%. In alcune regioni, inoltre, la situazione si attesta intorno al 70-75%. Questo dato è preoccupante, perché misura la pressione sul sistema sanitario nazionale. L’Italia è tutt’altro che tranquilla”.
GIOVANNI SEBASTIANI: “BISOGNA ACCELERARE CON LE VACCINAZIONI”
Giovanni Sebastiani, dinnanzi alle telecamere di “Open”, ha dunque tracciato un quadro preoccupante circa il tasso di occupazione delle terapie intensive in Italia, indicando la rotta da seguire: “Occorre continuare a vaccinare, soprattutto le categorie fragili e gli anziani, completando l’inoculazione delle due dosi tra gli over 70, tra cui c’è l’86% di mortalità”. L’esperto ha sottolineato poi che “l’accelerazione delle somministrazioni avvenuta negli ultimi giorni di aprile non è sufficiente, poiché poi siamo discesi e la media delle vaccinazioni nei primi giorni di maggio è poco sopra le 400mila dosi giornaliere. L’importante è che la media del mese superi mezzo milione di dosi al giorno, non bastano i valori di punta”. Il Cts ha proposto di raddoppiare i tempi tra una dose e l’altra di vaccino Pfizer, passando da 21 a 42 giorni: “Questo porta a un aumento della mortalità, non dà vantaggi – ha asserito Sebastiani –. Somministrare la prima dose di Pfizer porta a un abbattimento della possibilità di ammalarsi di Covid del 65%. Rimane quindi ancora un 35%, che, invece, dopo 7 giorni dalla seconda dose, cala al 5%”.